Sarpi, Paolo
Pensieri medico-morali
et alle forze dell'infermo. Il tempo anco dell'amministrarli con-
forme alli progressi del male si anderà attendendo.
Quando il rimedio che tu adoperi non leva l'affetto è perché
overo tu medichi il morbo, non la causa, overo perch'è un vul-
cera, che vuole il rimedio replicato, e «
remedia non prosunt,
nisi immorentur
». E quando pare ch'un rimedio giovi, s'è
contra la ragione bisogna averlo per sospetto: «
his quae contra
rationem levant, non oportet credere
».
Ma se un rimedio è provato per buono, se bene non opera
alla prima, bisogna continuare e non mutarlo: «
non venit vul-
nus ad cicatricem in quo medicamenta tentantur
».
Nel purgare osserverai ch' «
extremorum morborum extrema
remedia, nisi virium imbecillitas prohibeat
», nel qual caso
«
evacuare paulatim, quia hoc tutum multum, et repente pe-
riculosum
».
Non voler gran mutazione nell'animo repentinamente, per-
ché «
quae purgantur, non multitudine extimanda», ma che
«
purgentur quae oportet, et facile aeger ferat
», ma però non
cessare fino che non è estirpato bene il tutto, perché «
quae
relinquuntur in morbis, recidivas facere solent
».
Se li remedi che usi siano buoni o no, lo conoscerai
a iuvan-
tibus et laedentibus con gl'avertimenti di Plutarco; e dove non
gioverano sappi che «
quae medicamenta, idest documenta non
sanant, ferrum, idest consuetudo vi inducta sanat; quae ferrum
non curat ignis, idest partium et instrumentorum combustio et
subtractio curat; quae ignis non curat, insanabilia». E perché
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