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Ocellus Lucanus - De universi natura » Bruno, Giordano Spaccio - p. 598

Bruno, Giordano

Spaccio de la bestia trionfante


e ogni natural raggione: quai sono le aperte ribaldarie e
stoltizie e malignitadi di leggi usurpative e proprietarie
del mio e tuo; e del piú giusto, che fu piú forte posses-
sore; e di quel piú degno, che è stato piú sollecito e piú
industrioso e primiero occupatore di que' doni e mem-
bri de la terra, che la natura e per conseguenza Dio in-
differentemente donano a tutti. — Io forse sarò men
faurita che costei? Io che col mio dolce che esce dalla
bocca della voce de la natura ho insegnato di viver quie-
to, tranquillo e contento di questa vita presente e certa,
e di prendere con grato affetto e mano il dolce che la na-
tura porge, e non come ingrati et irreconoscenti neghia-
mo ciò che essa ne dona e detta, perché il medesimo
ne dona e comanda Dio autor di quella a cui medesima-
mente verremo ad essere ingrati. Sarà dico piú favorita
costei che sí rubella e sorda a gli consegli, e ritrosa e
schiva contra gli doni naturali, adatta li suoi pensieri e
mani ad artificiose imprese e machinazioni per quali è
corrotto il mondo e pervertita la legge de la nostra ma-
dre? Non udite come a questi tempi, tardi accorgendo-
si il mondo di suoi mali piange quel secolo nel quale col
mio governo mantenevo gaio e contento il geno umano,
e con alte voci e lamenti abomina il secolo presente, in
cui la Sollecitudine et industriosa Fatica, conturbando,
si dice moderar il tutto, con il sprone dell'ambizioso
Onore?
O bella età de l' oro
non già perché di latte
sen corse il fiume, e stillò mèle il bosco;
non perché i frutti loro
dier da l'aratro intatte
le terre, e gli angui errar senz'ira e tòsco;
non perché nuvol fosco
non spiegò all’or suo velo;
e'n primavera eterna,
ch'ora s'accende e verna,


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