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Lucretius Carus, Titus - De rerum natura » Bruno, Giordano Spaccio - p. 490

Bruno, Giordano

Spaccio de la bestia trionfante


quel che esser devea è. Or per compire l'istoria di
Ganimede, l'altr'ieri sperando le solite accoglienze, con
quell'usato ghigno fanciullesco li porgeva la tazza di net-
tare; e Giove avendogli alquanto fissati gli turbidi occhi
al volto: «Non ti vergogni,» li disse, «o figlio di Troo?
pensi ancor essere putto? forse che con gli anni ti cresce
la discrezzione, e ti s'aggionge di giudizio? non ti accor-
gi che è passato quel tempo quando mi venevi ad assor-
dir l'orecchie che allora ch'uscivamo per l'atrio esterio-
re, Sileno, Fauno, quel di Lampsaco et altri si
stimavano beati se posseano aver la commodità di rub-
barti una pizzicatina, o almeno toccarti la veste: et in
memoria di quel tòcco non si lavar le mani quando an-
davano a mangiare, e far de l'altre cose che li dettava la
fantasia? Ora dispònite, e pensa che forse ti bisognarà
di far altro mestiero. Lascio che io non voglio piú fra-
sche appresso di me». Chi avesse veduto il cangia-
mento di volto di quel povero garzone o adolescente,
non so se la compassione, o il riso, o la pugna de l'uno
e l'altro affetto l'avesse mosso di vantaggio.
Saulino Questa volta credo io che risit Apollo.
Sofia Attendi, perché quel ch'hai sin ora udito non
è altro che fiore.
Saulino Dì pure.
Sofia Ieri che fu la festa in commemorazion del
giorno de la vittoria de’ dèi contra gli giganti, immedia-
tamente dopo pranso, quella che sola governa la natura
de le cose, e per la qual gode tutto quel che gode sotto il
cielo, —
La bella madre del gemino amore,
la diva potestà d'uomini e dèi,
quella per cui ogni animante al mondo
vien conceputo, e nato vede il sole;
per cui fuggono i venti e le tempeste,
quando spunta dal lucid'oriente:


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