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Aristoteles - De anima » Bruno, Giordano Spaccio - p. 492

Bruno, Giordano

Spaccio de la bestia trionfante


col Ionio si congionge, spingendogli sopra l'isola Trina-
cria, a fin che al vivo corpo la fusse perpetua sepoltu-
ra. Onde dice un poeta:
Ivi a l'ardito et audace Tifeo
che carco giace del Trinacrio pondo,
preme la destra del monte Peloro
la grieve salma; e preme la sinistra
il nomato Pachin; e l'ampie spalli,
ch'al peso han fatto i calli,
calca il sassoso e vasto Lilibeo;
el cap’orrend’aggrieva Mongibello,
dove col gran martello
folgori tempra il scabroso Vulcano.

Io che sopra quell'altro ho fulminata l'isola di Prochita;
io ch'ho reprimuta l'audacia di Licaone, et a tempo di
Deucalione liquefeci la terra al ciel rubella; e con tanti
altri manifesti segnali mi son mostrato degnissimo della
mia autoritade: or non ho polso di contrastar a certi mezi
uomini, e mi bisogna, al grande mio dispetto a voto di caso
e di fortuna lasciar correre il mondo; e chi meglio la ségui-
ta, l'arrive; e chi la vence, la goda. Ora son fatto qual
quel vecchio esopico lione, a cui impune l'asino dona
di calci, e la simia fa de le beffe, e quasi come ad un insen-
sibil ceppo, il porco vi si va a fricar la pancia polverosa.
Là dove io avevo nobilissimi oracoli, fani et altari, ora, es-
sendono quelli gittati per terra et indegnissimamente pro-
fanati, in loco loro han dirizzate are e statue a certi ch'io
mi vergogno nominare, perché son peggio che li nostri sa-
tiri e fauni et altri semebestie, anzi piú vili che gli crocodil-
li d'Egitto: perché quelli pure magicamente guidati
mostravano qualche segno de divinità; ma costoro sono
a fatto lettame de la terra: il che tutto è provenuto per la
ingiuria della nostra nemica fortuna, la quale non l'ha
eletti et inalzati tanto per onorar quelli, quanto per nostro
vilipendio, dispreggio e vituperio maggiore. Le leggi,
statuti, culti, sacrificii e ceremonie, ch'io già per li miei


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