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Biblia, Col » Patrizi, Francesco Della retorica - p. 22v

Patrizi, Francesco

Della retorica. Dieci dialoghi di Messer Francesco Patritio


sua scrittura? Nell'Oratore. O forse non è questa, la sua più auten-
tica scrittura di Retorica? Giovanni. Si è per certo, ma che, dice egli quivi?
Patritio. Egli dopo molte parole, che manifestano l'animo suo d'arrendersi, vi si sot-
toscrive in ultimo con queste: "Ac duo breviter prima, (ciò è, quid dicat, et quo-
quidque; loco)
sunt enim non tam insignia ad maximam laudem, quàm necessaria;
et tamen cum multis pene communia. nam et invenire, et iudicare quid dicas,
magna illa quidem sunt, et tanquam animi instar in corpore, sed propria ma-
gis prudentiae, quàm eloquentiae.
"
Giovanni. Et che cavate voi di qui? Patritio. A
me sembra, che egli abbandona quivi le sue proprie forze; accommunando con
molti altri quello, che proprio si tenea, o facendolo più che di se, proprio d'al-
trui? Giovanni. La rocca adunque, nella quale l'Oratore, nella fine si era rifug-
gito, per trattato del maggior capitano, è data in mano de nemici? Patritio. Et il
peggiore è o Messer Giovanni, che egli non solo si è arreso con parole, ma anche
co' fatti. Giovanni. Et in qual modo per Dio, cotesto altro? Patritio. In questo,
che formando egli quivi l'Orator perfetto, et compiuto d'ogni parte; egli si
stese solo dietro a quelle cose, che veramente stimò essere proprie sue. Giovanni.
Dietro a quale? Patritio. Dietro alla elocutione, et alla pronontia. Et si lasciò
adietro, et l'inventione, et la dispositione, et la memoria, si come cose, o com-
muni con molti altri; o più proprie d'altrui, che di lui, o naturali, et non di
molta opra sua. Giovanni. Poscia che egli se medesimo abbandona, abbando-
niamlo ancho noi: et non vogliamo perderci per nulla, et rifuggiamoci alla roc-
ca Aristotelica, molto più forte della Ciceronica. Patritio. Et cotestui ancho-
ra per quanto io veggo l'ha abbandonata. Giovanni. Come abbandonata? Patritio.
Abbandonata per certo, et fatta la scritta dell'arresa. Giovanni. In qual modo, et
quando? Patritio. Quando egli scrisse in più luoghi, che la Dialettica, et la Re-
torica, non haveano terminato soggetto genere. o forse non disse egli ciò gia-
mai? Giovanni. Anzi si disse molte fiate; ma come è questa la scritta dell'arre-
sa? Patritio. Mirate o Tolomei in questo lato, dove io vorrei, che fosse molto
buio. Perch'io non vedessi cotanta povertà sopra l'Oratore. Giovanni. In quale la-
to? Patritio. In questo, se e' fosse vero, che l'Oratore per via de tre generi, haves-
se materia di giusto, et di honesto, et d'utile, non havrebbe egli materia ter-
minata? Giovanni. Havrebbe. Patritio. Et se fosse vero, che egli queste materie
havesse, non havrebbe egli le medesime, che il filosofo civile? Giovanni. Si. Patritio.
Et perciò soggetto finito, et terminato? Giovanni. Così fatto. Patritio. Per la
qual cosa, se la Retorica ha così fatto soggetto, terminato, ella non discorre
per tutti i soggetti. Giovanni. Non si può dire. Patritio. Et s'ella discorre per
tutti i soggetti, sì come in più luoghi dell'arte d'Aristotile s'afferma, egli
non ha questo terminato. Giovanni. Né questo si può negare. Patritio. Egli è adunque
hoggimai perduto l'Oratore, poi che anche Aristotile l'abbandona. Giovanni. Così
pare. Patritio. Ma quale terrem noi per più vero? forse, che questo sia il sogget-


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