Patrizi, Francesco
Della retorica. Dieci dialoghi di Messer Francesco Patritio
spiriti m'habbia dato, che mi trasportin mal mio grado in parte, ch'io offenda me, et
altrui. Et ho voi da ringratiare caramente, che me n'havete ritennuto. Percioché io
m'aveggo hora, c'hio ho il torto a così dire. Maresio. O, et questo in che maniera?
Patritio. Così che chi non sa una cosa, o il ver di lei, egli
è ignorante di lei, et del suo
vero, et non tosto di tutte altre cose è ciò vero, o no? Maresio. È verissimo. Patritio.
Et perciò egli non si dee dire ignorante, ma ignorante
della cosa, di cui non sa. Maresio.
Di questa. Patritio. Et peró l'Oratore quando non saprà alcun
giusto, o ingiusto fat-
to, sarà ignorante di quello, et non d'ogn'altro; se caso ei non
sapesse da dovero,
niuna cosa giusta, né niuna ingiusta. Percioché all'hora ei sarebbe
ignorante di tutto
il suo mestiere. Maresio.
Sarebbe. Patritio. Et credete voi, che egli sia tale da
dovero?
Maresio. Io non credo cotanto male.
Patritio. Et pure il padre de maestri degli
Orato-
ri, Gorgia, si fu contento, che gli oratori non sapessero quello, di che
parlassero,
pure che sapessero far'altrui parere di saperlo. Maresio. Et da chi sapete voi cote-
sto? Patritio. Da Platone. Maresio. O, se se ne contentò Gorgia, non se ne
contentaro-
no tosto tutti gli altri. Patritio.
Anzi gli altri anchora, o Platone si mente. Maresio.
Cotesto nò, ma dove il dice? Patritio. Nel Fedro.
Maresio. Ella è cosa molto strana.
Patritio. Anzi è ella approvata dal testimonio di Cicerone, il quale, et
gran maestro
fu degli oratori, et grandissimo oratore. Maresio. Et da quale suo testimonio?
Patritio. Da questo, “Nam, et apud eos dicimus qui nesciunt, et ea
dicimus quae nesci-
mus ipsi. Itaque et illi alias, aliud iisdem de rebus, et sentiunt, et
iudicant; et nos
contrarias saepe causas dicimus”
, et più altre parole così fatte. Maresio. Ora essi
s'habbiano il danno, poscia che
elli stessi si condannano. Patritio. Ma è ciò forse
nel
genere solo del giudicio, et non anche in quello della consulta. Maresio. Peraventu-
ra. Patritio. Et però, bene fatto sarà, se noi, in questo almeno procuriamo
di liberar-
lo dal carico di così reo nome. Maresio. Procuriamo in tutti i modi, et non se ne fac-
cia
manco; se pure il possiamo aiutare. Patritio. La
consulta adunque, che noi dicia-
mo, non è ella dell'utile, et del danno publico, o pur
d'altro? Maresio. Non d'altro.
Patritio. Et il publico bene, al male, si negotia nel reggimento dello
stato. Maresio.
Quivi. Patritio. Et dovendo ella essere consulta, è ella altro, che ricercamento
di po-
tere venir a bene, et di schifar il male? Maresio. Non è altro. Patritio. Et chiunque
cerca, mentre e' cerca non può già affermar cosa, si come già trovata. Maresio. Non
pare a me. Patritio. Et chi favella in questo, genere non
afferma egli, per buone, o per
ree cose quelle, che egli dice? Maresio. Afferma per certo. Patritio. Adunque ei non le
cerca. Maresio. Nò. Patritio.
Adunque non ne consulta. Maresio. Come? Patritio. Che non si dee
chiamar questo genere, di consulta. Maresio. Ma di che? Patritio. Forse di deliberatione. Maresio.
Così il chiamarono i maestri. Patritio. Ma chiunque dilibera, dopo l'haver cercato,
ter-
mina et statuisce. non è così? Maresio.
Così è. Patritio. Ma quale statuisce. non il
prencipato?
Maresio. Si. Patritio. Adunque non l'oratore, o'l suo parlare. Maresio. Mostra che nò. Patritio. Per
che adunque si dee dir diliberatione il suo parlare? Maresio. O Patritio, voi
confondete
tutto'l mondo. Patritio. Io? non piaccia a Dio. Anzi siete voi. Maresio. Et come io,
per l'amor
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