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Ficino, Marsilio

Le divine lettere del gran Marsilio Ficino


marito e la robba prometterà doversi fare, ma la virtù
stessa per sé lo manderà ad effetto. Niuno è più cieco,
che colui che la cieca fortuna come sua duce segue. Niu-
no è più spesso ingannato, che colui che a le promesse de
la sagacissima fortuna crede. Non è egli il medesimo
quasi l'eleggiersi un genero che l'addottarsi un figliuo-
lo? overo il medesimo che'l comprare un huomo, il quale
obedirti anzi ogni volta che farà di bisogno, possa ornar-
ti, et è la parentela come lo stabilire un edifitio per
tutti gli commodi vostri. Gli esempi che di sopra v'ho
detti bastevolmente dimostrar possono che genero un
prudente huomo cercar debbi, e qual moglie anchora
habbi a menare. Io concluderò homai questa epistola in-
sieme con Plauto e con Temistocle. O doviate voi il ge-
nero eleggiervi, così il savio Temistocle vi consglia: «Io
più tosto voglio un huomo che di denari habbi bisogno,
che i denari a cui un huomo manchi, overo che voi do-
viate o dare o ricevere la nuora, o vero la moglie mena-
re
». L'elegante Plauto così v'ammonisce: «Assai dotata vie-
ne se costumata viene
». State sano. Marsilio Ficino.

Che a gli huomini grandi si convengono cose grandi.

Al Reverendissimo Monsignor
il Vescovo di Volterra Francesco So-
derino, Signor mio.


Io scrivo (come tutto'l giorno farsi suole) assai spesso
littere a molti miei amici. Ma ascoltate Reverendissi-
mo Monsignor mio quello, che in tal cosa mi interven-


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