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Plato - Epinomis » Ficino, Marsilio Le divine lettere - p. 84

Ficino, Marsilio

Le divine lettere del gran Marsilio Ficino


errato, si dice che egli non alluminò mai più. Per la me-
desima cagione, essendo stato accecato Stesicoro conobbe
il suo errore, onde egli compose un canto al contrario di
quello che prima haveva fatto il quale è detto Palino-
d[on]ia, che comincia così:
«Non fu ver quel parlar né in l'alte Navi
Fuggendo, andaste a le Troiane mura
».
Il qual canto tosto che hebbe composto subito rihebbe il
perduto vedere. E ancora havendo vituperato Socrate,
passato che hebbe il fiume Ilisso, l'Iddio Amore, avverti-
to da quel suo genio, e spirito divino, prima che male al-
cuno gli intervenisse si purgò; e lodò di nuovo quello Amo-
re che prima haveva biasimato, per il che egli si rese da
ogni male salvo, e sicuro. E così Stesicoro fu più prudente
d'Homero; ma Socrate fu più savio d'ambedue. Io certa-
mente sono stato più incauto di Socrate, e Iddio voglia
che io non sia più infelice che Stesicoro. A che fine dico io
queste cose? Percioché tu dei sapere, che a li VII giorni
del presente, la mattina a buon'hora ti scrissi una lettera
per riprenderti del lungo tuo silentio, ne la quale io ti di-
ceva che tu eri strano, e quasi più ostinato di ciascuno al-
tro; la sera medesima fui assaltato da una infirmità de
la quale ancora non sono guarito. Perché dubitando che
non m'habbia a intervenire qualche male, per havere io
vituperato un huomo Heroico, e divino mi son delibera-
to scrivere una Palinodia ancor che breve per purgarmi
di questo errore. Affermo adunque che tu non sei osti-
nato, né dirò come io ti dissi, anzi dico ch'io più tosto so-
no troppo delicato e molle, e dico che a un huomo delicato
e di gran contentatura come sono io, il più de le volte un


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