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Philo Alexandrinus - De opificio mundi » Ficino, Marsilio Le divine lettere - p. 1060

Ficino, Marsilio

Le divine lettere del gran Marsilio Ficino


ro, che gli antichi Poeti, e i vecchi Theologi, fingono Sa-
turno in ascosi luoghi contemplatore, e che doppo un lun-
go contemplare a le leggi pensa, le quali a Giove suo fi-
glio, d'ogni attione duce dar possa, la quale comandar deb-
bi a li cittadini, che l'osservino. Homero anchora dice,
che Minos Re inventor di leggi, era solito starsi ascoso
ne l'antro di Giove nove anni, e quivi da Giove le leg-
gi pigliare. E niuno che de gli antichi misterii perito sia,
a Giove che sempre in publico si mostra un suo propio
antro vorrà ordinare. Questo adunque niente altro pa-
re che sia, che il sempre ascoso albergo di Saturno. Nel
quale, Giove anchora posto insieme con Saturno, al Re
Minos le leggi insegna, che il populo habbino a informa-
re. Ma lasciando homai l'officio de le leggi, lo studio de
la sapienza voglio, che seguitiamo. Io per certo con le
mie epistole ho molti esortati al pigliare questo studio
con ogni lor forza, ma voi che in questo sete già assai
oltre proceduti, più non esorterò, ma più tosto conferme-
ró. E non è dubbio, che noi, o vero noi stessi, o vero Iddio
risguardiamo, o vero gli altri huomini consideriamo.
Se noi stessi risguardiamo, la sapienza sola fa, che noi fi-
nalmente noi stessi conosciamo, et che soli con essonoi
habitar possiamo, sempre de le propie nostre ricchezze
contenti. Se Iddio la sapienza anchora sola, a Iddio simi-
li ne rende et amici, contemplando noi continuamente
quelle cose che Iddio ha fatte, e contemplando questo, Id-
dio poi come d'ogni bene autore conoscendo honoriamo.
E se gli huomini, la sapienza sola a li popoli, et a li Re-
gi un sapiente Re ha ordinato, e quasi una divina pote-
stà, che finalmente honorar si deve. Conciosia adunque,


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