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Symposium » Ficino, Marsilio Le divine lettere - p. 279

Ficino, Marsilio

Le divine lettere del gran Marsilio Ficino


se non le riceve, manco ancora intorno a sé le sente.
Adunque sì come infinitamente dentro a sé si ravolge, co-
sì infinitamente fuor di sé si distende: onde nasce che egli
sia per tutto, e sempre ogni cosa facilmente faccia, e fini-
sca, a ciascuna cosa facilmente sia presente, e dentro. Per-
ché sì come se alcuna infinita misura si ritrovasse un im-
menso spatio occuperebbe, così se alcuna infinita potenza
si truova, se stessa per tutto sanza fine allarga, e diffon-
de, e così sanza fine e sanza principio eternamente si vi-
ve. Gli Platonici filosofi pensano che dove è un sommo
visibile, quivi ancora un sommo vedere si ritruovi. E per
questo, al globo del Sole, non solo danno la vita, ma anco-
ra una virtù di vedere d'ogn'altra più acuta, e più certa
in questo pare che sopra tutto immitino Orfeo che chia-
ma il Sole occhio del mondo, col quale, e'l quale gli occhi
di tutti veggano. Pensano ancora che il sole e le stelle e vi-
vificanti, e viventi per ogni cosa spargendo i raggi loro tut-
to quello che nel mondo si contiene risguardino.

Che Iddio vede e governa ogni cosa.

Gli Peripatetici pensano, che il sommo intelletto, e'l som-
mo intelligibile siano al tutto una medesima cosa. Certo
è che il sommo intelletto possiede un sommo modo d'inten-
<de>re; adunque nel'intendere non risguarda di fuore ma den-
tro di sé; né la sua intelligenza da altri che da se stesso de-
pende. Oltra di ciò dicono che quello che è sommo intelli-
gibile è sommo intelletto; di qui si manifesta che tra l'in-
telletto e l'intelligibile debbe essere una proportione gran-
dissima, doventando quello adunque più che altra cosa in-
telligibile, che lontanissimo da le passioni de la materia


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