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Diogenes Laertius - Vitae philosophorum » Varchi, Benedetto L'Hercolano - p. 951

Varchi, Benedetto

L'Hercolano


che fusse Dante, queste parole proprie: Percioché, sì come della lingua
fiorentina, della pisana, della sanese, e lucchese, aretina e dell'altre le
quali sono tutte toscane, ma differenti tra sé si forma una lingua che si
chiama lingua toscana, così di tutte le lingue italiane si fa una lingua
che si chiama lingua italiana, e questa è quella in cui scrissero i
buoni autori, la quale tra gli altri cognomi si nomina lingua illustre e
cortigiana, perciò che s'usa nelle corti d'Italia e con essa ragionano
comunemente gli huomini illustri e i buoni cortigiani
. E in un
altro luogo, volendo provare il medesimo, allega le medesime parole di
quello autore, ma tradotte così: Questo volgare addunque, che essere
illustre, cardinale, aulico e cortigiano havemo dimostrato, dicemo esser
quello che si chiama volgare italiano, percioché, sì come si può trovare
un volgare che è proprio di Cremona, così se ne può trovare uno che è
proprio di Lombardia e un altro che è proprio di tutta la sinistra parte
d'Italia; e sì come tutti questi si puonno trovare, così parimente si può
trovare quello che è di tutta Italia; e sì come quello si chiama cremone-
se, e quell'altro lombardo, e quell'altro di mezza Italia, così questo, che
è di tutta Italia, si chiama volgare italiano, e questo hanno usato gli illu-
stri dottori che in Italia hanno fatto poemi in lingua volgare, cioè i
Siciliani, i Pugliesi, i Toscani, i Romagnuoli, i Lombardi e quelli della
Marca d'Ancona e della Marca Trivigiana.

Conte. Per la medesima ragione e colla stessa proporzione credo
io che egli harebbe potuto dire che si fusse potuto trovare una lingua
comune a tutta Europa, e un'altra comune a tutto 'l mondo; ma che ne
pare a voi?


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