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Aristoteles - De anima » Varchi, Benedetto L'Hercolano - p. 536

Varchi, Benedetto

L'Hercolano


Così per entro loro schiera bruna
S'ammusa l'una con l'altra formica
Forse a spiar lor via e lor fortuna.

Varchi. Dante favellò come buon poeta e di più v'aggiunse,
come ottimo filosofo, quella particella forse, la quale è avverbio di dubi-
tazione.
Conte. Ditemi un poco: gli stornelli, i tordi, le putte, o vero
gazze, e le ghiandaie e gli altri uccelli, i quali hanno la lingua alquanto
più larga degli altri, non favellano?
Varchi. Signor no.
Conte. Lattanzio Firmiano scrive pure, nel principio del decimo
capitolo della Falsa sapienza, che gli animali non solamente favellano,
ma ridono ancora.
Varchi. Egli non dice (se ben mi ramento) che gli animali nè
favellino nè ridano, ma che pare che ridano e favellino.
Conte. Io mi ricordo pure che Macrobio, nel secondo libro de'
Saturnali, racconta come un certo sarto, quando Cesare havendo vinto
Antonio se ne ritornava come trionfante a Roma, gli si fece innanzi con
un corvo, il quale disse, come era stato ammaestrato da lui: "Ave,
Caesar, victor imperator"
; delle quali parole maravigliandosi Cesare, lo
comperò un gran danaio; per la qual cosa un compagno di quel sarto,
havendogli invidia, disse a Cesare: "Egli n'ha un altro; fate che egli ve lo
porti". Fu portato il corvo e, non prima giunto alla presenza
d'Augusto, disse (secondo che gli era stato insegnato): "Ave, Antoni,
victor imperator"
. La qual cosa non hebbe Cesare a male nè volle
che a quel sarto, il quale per giucare al sicuro haveva tenuto il piè in


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