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Aristoteles - Historia animalium » Varchi, Benedetto L'Hercolano - p. 961

Varchi, Benedetto

L'Hercolano


Conte. Anco quello esemplo di Dio, che ne' cieli sparga le grazie
all'intelligenze, non credo che vi piaccia nè che vi paia troppo a propo-
sito e che vi stia anzi a pigione che no.
Varchi. Ben credete.
Conte. Nè anco che egli dica che Pistoia non è stata compresa da
messer Claudio in Toscana credo che vi soddisfaccia.
Varchi. Non certo, conciosia cosa che messer Claudio la com-
prende, se non nominatamente, almeno senza dubbio nessuno in quelle
parole: e l'altre vicine; sì che l'autorità di messer Cino non ha da dolersi.
Ma entriamo in cose di maggiore utilità, che io riprendo mal volen-
tieri i nimici e le persone idiote, non che gli huomini dotti e amicissimi
miei.
Conte. Venghiamo dunque, ch'homai n'è ben tempo, alle auto-
rità che allegano per la parte loro.
Varchi. Quali sono?
Conte. Dante primieramente la chiama spesse fiate italiana o ita-
lica
, sì nel Convivio e sì massimamente nel libro Della volgare eloquen-
za
.
Varchi. Quanto al Convivio, messer Lodovico Martegli ri-
ponde che egli così larghissimamente la nomina, quasi a dimostrare
dove è il seggio d'essa, o vero che egli s'immagina che dicendo l'italica
lingua s'intenda quella lingua la quale è imperatrice di tutte l'italiane
favelle. Ma perché queste sono oppenioni solo da semplici conget-
ture procedenti, io direi più tosto che egli la chiamò così dal genere; il
che esser vero, o almeno usarsi, dimostrammo di sopra; e massimamente
che Dante stesso nel medesimo Convivio dice più volte d'havere scritto
hora nella sua naturale, e hora nella sua propria, e hora nella sua
prossimana e più unita loquela; e si vede chiaro ch'egli intende della fio-
rentina, come mostrano messer Lodovico e messer Claudio, ancora che


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