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Vergilius Maro, Publius - Bucolica » Varchi, Benedetto L'Hercolano - p. 593

Varchi, Benedetto

L'Hercolano


ra o da alcuna altra lingua; perché ser Brunetto ne fa menzione nel
Pataffio, chiamandola favola e non canzone, che in questo caso è il
medesimo, onde quando si vuole affermare una cosa per vera si dice:
questa non è nè favola nè canzone. Il verso di ser Brunetto dice:
La favola sarà dell'uccellino;
ma comunche si sia, ella è cotale: quando alcuno in alcuna quistione
dubita sempre e sempre o da beffe o da vero ripiglia le medesime cose
e della medesima cosa domanda, tanto che mai non se ne può venire nè a
capo nè a conchiusione, questo si dimanda in Firenze la canzone, o
volete la favola dell'uccellino.
Conte. Datemene un poco d'essempio.
Varchi. Ponghiamo caso ch'io vi dicessi: "La rosa è 'l più bel
fiore che sia", e voi mi dimandaste: "Perch'è la rosa il più bel fiore che
sia?", et io vi rispondessi: "Perch'ell'ha il più bel colore di tutti gli
altri"; e voi di nuovo mi dimandaste: "Perch'ha ella il più bel colore di
tutti gli altri?", e io vi rispondessi: "Perché egli è il più vivo e il più
acceso"; e voi da capo mi ridomandaste: "Perch'è egli il più vivo e 'l più
acceso?", e così, se voi seguitaste di domandarmi e io di rispondervi, a
cotal guisa si procederebbe in infinito, senza mai conchiudere cosa nes-
suna; il che è contra la regola de' filosofi, anzi della natura stessa, la
quale aborre l'infinito, il quale non si può intendere, e quello che non si
può intendere si cerca in vano; e la natura non fa e non vuole che altri
faccia cosa nessuna indarno. Chiamasi ancora la canzone dell'uc-
cellino
, quando un dice: "Vuoi tu venire a desinar meco?", e colui
risponde: "E' non si dice: vuoi tu venire a desinar meco", e così si va


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