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Catullus, Gaius Valerius - Carmina » Varchi, Benedetto L'Hercolano - p. 640

Varchi, Benedetto

L'Hercolano



A che si conoscano le lingue
Quesito secondo


Varchi. Le lingue si conoscono da due cose; dal favellarle e dal-
l'intenderle.
Conte. Dichiaratevi alquanto meglio.
Varchi. Delle lingue alcune sono le quali noi intendiamo e favellia-
mo, alcune, per lo contrario, le quali noi nè favelliamo nè intendiamo, e
alcune le quali noi intendiamo bene, se non tutte, la maggior parte, ma
non già le favelliamo; perché trovare una lingua la quale noi favelliamo e
non intendiamo non si può.
Conte. Tutto mi piace; ma voi non fate menzione de' caratteri, cioè
delle lettere o vero figure, chiamate da alcuni note, con le quali le lingue
si scrivono? Non sono anco queste lettere necessarie e fanno differenza
tra una lingua e un'altra?
Varchi. Messer no.
Conte. Come, messer no? Se una lingua si scrive con diversi
caratteri da quegli d'un'altra lingua, non è ella differente da quella?
Varchi. Signor no.
Conte. Se voi non dite altro che messer no e signor no, io mi
rimarrò nella mia credenza di prima.
Varchi. Lo scrivere non è della sostanza delle lingue, ma cosa acci-
dentale, perché la propria e vera natura delle lingue è che si favellino e
non che si scrivano; e qualunche lingua si favellasse, ancora che non si
scrivesse, sarebbe lingua a ogni modo; e se fusse altramente, le lingue
inarticolate non sarebbono lingue, come elle sono. Lo scrivere fu tro-
vato non dalla natura, ma dall'arte, non per necessità, ma per commo-
dità; conciosia cosa che favellare non si può, se non a coloro che sono
presenti e nel tempo presente solamente; dove lo scrivere si distende e a'


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