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Galenus, Claudius (Pseudo) - De ordine utriusque ordinis » Varchi, Benedetto L'Hercolano - p. 712

Varchi, Benedetto

L'Hercolano


da Dante, e così ammenne e alcune altre sono hebraice, non rimase nella
nostra lingua dagli Aramei, ma venutevi mediante la religione della scrit-
tura sacra; e come di queste non ho dubbio, così mi pare esser certo che
mezzo, nodo, annodo, asilo, carbone, finestra, cateratte, caverne,
garrire
, per 'isgridare', e alcune altre che pongono per hebree, o vero
aramee, siano manifestamente latine.
Conte. E alle ragioni allegate da loro che rispondete?
Varchi. Voi vorreste cavarmi di bocca qualcosa, ma egli non vi
riuscirà; dico che non mi paiono buone.
Conte. State fermo: messer Annibale nella prima stanza del suo
comento sopra la sua canzone dice queste proprie parole: Et oltre di que-
sto, come a cosa segnata del tuo sacro nome, alludendo all'etimologia
hebrea di questo vocabolo "Farnese", nella qual lingua dicono che
significa 'giglio'.
Ecco che, per l'autorità del vostro Caro, l'etimologie
vagliono, e le parole toscane discendono dall'hebree.
Varchi. Prima che io vi risponda, dovete sapere che messer
Lodovico a carte 76 riprende il Caro, dicendo che Pharnes, che così lo
scrive esso, non è vocabolo hebreo nè significa in lingua alcuna 'giglio',
ma che in lingua assiriana o caldaica significa 'pastore'.
Conte. Io sapeva benissimo che il Castelvetro lo riprendea, ma
non so già come lo potrete difender voi.
Varchi. Non v'ho io detto tante volte che l'intendimento mio non
è difendere il Caro nelle cose sue proprie, cioè nella canzone, non che
nel commento il quale non è suo?
Conte. Che ne sapete voi? Egli è pure stampato sotto 'l suo nome.
Varchi. Io lo so da messer Annibale proprio, il quale non ho
per huomo che dicesse di non haver fatto quello che egli fatto havesse; e


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