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Aristoteles - De partibus animalium » Varchi, Benedetto L'Hercolano - p. 724

Varchi, Benedetto

L'Hercolano


Nulla è al mondo in ch'huom saggio si fide,
poteva dire nulla non è al mondo; e sappiate che fiorentinamente non si
direbbe con una negativa sola: io ne farò nulla, ma con due: io non ne
farò nulla
e io non ho a far nulla, cioè 'cosa del mondo', con esso teco.
E se alcuno, volendo significare d'essere scioperato, dicesse: io ho
che far nulla
, in luogo di dire: io non ho che far nulla, o veramente
covelle, sarebbe in Firenze o non inteso o uccellato.
Conte. E da chi s'hanno a imparare così minute e sottili differen-
ze, e non dimeno necessarie?
Varchi. Da' legnaiuoli, se non volete da' setaiuoli o lanaiuoli di
Firenze; e vi sono di quelle che niuno può insegnarle, se non un lungo
uso e una continova pratica, perché o non vi sono regole o non vi si sono
trovate ancora.
Conte. Ditene uno essempio.
Varchi. Perché si scrive il numero plurale di questo nome cieco
aspirato, cioè colla lettera h, e il plurale di questo nome greco si scrive
tenue, cioè senza aspirazione?
Conte. Io per me non so se si debba profferire Greci senza aspi-
razione, o veramente Grechi con ella.
Varchi. Greci senza essa.
Conte. Per qual ragione?
Varchi. Perché in Firenze è una via, la quale si chiama da tutti il
borgo de' Greci senza h, non de' Grechi con l'h.
Conte. E non havete alcuna ragione miglior di cotesta?
Varchi. Nessuna altra, non che migliore; ma sappiate che
niuna può essere migliore di questa.
Conte. Oh perché?
Varchi. Perché le lingue consistono (come s'è detto) nell'uso di


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