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Porphyrius - Isagoge » Aristoteles - Oeconomica » Varchi, Benedetto L'Hercolano - p. 740

Varchi, Benedetto

L'Hercolano


mente che se ella non vi fusse, come chi dimandasse alcuno: "che fa il
tale?" e colui gli rispondesse: "vivesi", che tanto è quanto 'vive', perché
il verbo vivo è uno di quegli il quale può mancare della particella mi,
dicendosi nel medesimo significato a punto io vivo e io mi vivo; alcuna
volta dimostra quel verbo esser tale che non può stare senza essa, come:
"che fa il tale?", "stassi", cioè 'si sta', che in questo caso non basterebbe
dire sta semplicemente; alcuna volta dà a divedere il verbo essere passi-
vo, e ciò tanto nel numero del meno quanto in quello del più, come il
cielo si muove
, o vero muovesi, e le virtù si lodano, o vero lodansi;
è ben vero che nel numero singulare la si diventa talvolta appresso i poeti
se, ma non già nel plurale. Il Petrarca:
De' qua' duo' tal romor nel mondo fasse,
in vece di fassi. Alcuna volta significa il verbo essere impersonale,
come a chi dimandasse: "che si fa?" si rispondesse "godesi", "cantasi" e
altri tali; gli essempii sono tanto spessi, così appo i prosatori come i
rimatori, che non occorre allegarne; oltra che la si in nessuno di questi
quattro modi è veramente affisso, perché non riferisce nè casi nè perso-
ne; ma quando questa si riferisce il pronome se, il quale pronome
non ha nominativo, allhora è veramente affisso, come chi dicesse: se il
tale si dà
o dassi a credere d'essere amato, cioè 'dà a credere a sé', o
veramente: il tale si loda o lodasi, ciò è 'loda sé'; e nel numero del più:
coloro s'attribuiscono o attribuisconsi più del dovere, ciò è 'attribuisco-
no a sé medesimi', il che si dice ancora 'a loro stessi'. Noterete
ancora che i poeti, ogni volta che torni bene alla rima, mutano la si in se,
e dicono, in luogo di celebrarsi, celebrarse. Il Petrarca:
E per farne vendetta o per celarse.


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