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Herodotus - Historiae » Aristoteles - Metaphysica » Varchi, Benedetto L'Hercolano - p. 788

Varchi, Benedetto

L'Hercolano


Varchi. Al Bembo mio signore non dispiacevano quelle del
Sannazzaro, ma non gli piacevano le rime sdrucciole o (come dice egli
alcuna volta) sdrucciolose.
Conte. Sapetene voi la cagione?
Varchi. No certo; ma io credo che lo movesse più d'altro il non
essere state usate dal Petrarca, lo quale pareva che egli intendesse di
volere imitare in tutto e per tutto.
Conte. Il Petrarca non fece però stanze; e il Bembo non dimeno
compose quelle che voi e gli altri lodate tanto.
Varchi. Non so dirvi altro se non che, quanto a me, io ho un
grande obligo al Sannazzaro, e il medesimo giudico che debba fare la
nostra lingua, la quale, mercé di lui, ha una sorte di poema il quale non
hanno nè i Greci, nè i Latini, nè forse alcuno idioma che sia.
Conte. Che dite? Non hanno i Greci Teocrito e i Latini Vergilio?
Varchi. Hannogli, ma non con versi a sdrucciolo, i quali portano
con esso seco tanta malagevolezza che al Sannazzaro si può agevolmente
perdonare se egli, costretto dalla rima, formò contra le regole starnosi e
fermarnosi, quando dovea dire starsi e fermarsi, e licenziosamente disse
offendami, in luogo d'offendemi, e vuolno fuor di rima, in vece di voglio-
no
, e incitassimi per inciterebbemi, e alcuni altri come:
Cantando al mio sepolcro allhor direteme:
Per troppo amare altrui sei ombra e polvere,
E forse alcuna volta mostrerreteme;


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