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Catullus, Gaius Valerius - Carmina » Varchi, Benedetto L'Hercolano - p. 900

Varchi, Benedetto

L'Hercolano


Zefìro greco, Favonio latino, ma ancora Ponente italiano.
Conte. Io voleva a punto dimandarvi della terza cosa che genera
la dolcezza, ciò è della copia delle parole.
Varchi. La copia delle parole genera dolcezza per accidente, ciò
è fa che noi non siamo forzati a usare traslazioni o giri di parole e che, se
una parola ci pare o dura o aspra, la possiamo scambiare e pigliarne
una la quale sia o molle o dolce; della qual cosa non manca la lingua
toscana, perché essendo l'ultima di tempo delle tre lingue più belle ha,
come pur testé vi diceva di Zefìro, i nomi greci, e latini, e toscani. E
oltra ciò tutti quegli di tutte le cose che si son trovate dopo la lingua
greca e la latina; oltra che delle cose che sono per accidente non si
considera nè arte nè scienza nessuna, percioché non si possono sapere,
conciosia che il sapere sia conoscere le cose mediante le loro cagioni, e
le cose per accidente non hanno cagioni alcune determinate. Laonde
potemo conchiudere che la lingua fiorentina sia più dolce non solamente
della romana, ma eziandio dell'ateniese.
Conte. Io per me lo credo; anzi, quando leggo il Petrarca, ma
molto più quando il sento leggere a un Fiorentino, me ne pare esser certo;
ma vorrei ben sapere perché messer Sperone nel Dialogo delle lingue,
nel quale non ho mai potuto intender bene se l'intendimento suo è lodare
o biasimare la lingua toscana, agguaglia la numerosità dell'orazione e del
verso della lingua volgare al suono de' tamburi e delle campane, anzi al
romore degli archibusi e de' falconetti.


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