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Caporali, Cesare - La corte » Cerretani, Bartolomeo Dialogo della mutatione di Firenze - p. 42

Cerretani, Bartolomeo

Dialogo della mutatione


se Dio havessi permesso che voi havessi hauto un capo secondo il desi-
derio d'alcun di noi, non dico di me non intendo di te, che io tel direi,
dove stimi tu che fussi è hoggi quattr'anni la città nostra? In rovina e de-
serta, et la sua civiltà per le terre d'altri.
GIO.: Io non ti vo' dire che non fussi fra noi alcuno che harebbe vol-
suto vendicarsi, torre la citta e la roba a chi ne haveva; volsesi fare delle
superchierie, io te lo confesso, ma Dio vi aiutò che vi mandò huomini
benigni e litterati.
GIR.: Adunque que' cani furno legati. Qual fu la cordial buona natura
de' capi, io seppi che furno legati avanti al venire de' Medici, che si vedde
certo in altri accidenti che accaddono, che saranno più per l'avenire, segni
che la città nostra è di Dio particularmente, et vedrai come apertamente in
moltissimi accidenti io te lo mosterrò. Segui pure.
GIO.: Domenica mattina il legato andò a Prato e fece le visite al Vi-
ceré, il quale si partì acompagniato da commessari et uno oratore, che lo
seguissi in Lombardia. Et tornossi i<l> legato in Firenze, dove con sua
Signoria masticando la balìa la trovava debole, et vidde quello errore di
che io di sopra parlai, non debole di cervelli ma di fede verso di loro. Il
perché i<l> lunedì sera riscaldandolo ve ne agiunse 15, tutti stretti amici
nostri; et dubitossi assai, perché dato che si era messo alla piazza et nelle
città alquanti per errore, se quelli che erano nemici de' Medici non erono
femine, havendo in palazzo un capo come Giovan Battista et una balìa
con molta fede, perché quelli che vi erono nemici havevono fatto
gagliardamente e' dubbi havevono abandonato e Medici, di sorte che noi
fumo a benifitio di natura.
GOV.: Certamente che io ho pensato et gustate le tue parole gio-
conde, et quanto più mi ravolgo questa mutatione per la fantasia e parti-
cular di quella, più mi risolvo che la sia stata cosa miranda et fuor di na-
tura. Non che le mutationi dello stato sieno fuori de l'ordine di natura,
perché noi habbiamo inteso quella del 33 et 34 e molt'altre: una parte
cacciò l'altra, e vincitori hebbono e beni e lo stato de' vinti, et seguì le
cose ordinariamente. Ma quest'è suta un'altra cosa. Non è così,
Girolamo?
GIR.: Se fussi lecito alli huomini, come si è detto di sopra, parlare de'
ministri divini io ne parlerei; ma send'io huomo, e con poco lume natu-
rale e manco sopranaturale, mi è forza il tacere.
GOV.: Dimmi, di gratia, quello che tu intendi, a ogni modo gli è
buon'hora.
GIR.: Secondo la dottrina del frate a me pare ch'egli affermassi sem-
pre che Dio haveva particular cura della città nostra e tenendo la rinno-
vatione della Chiesa ne' tempi nostri, accennava che l'haveva eletta Dio in
questo luogo per dar principio a quest'impresa; di che e' nacque che


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