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Ovidius Naso, Publius - Tristia » Cerretani, Bartolomeo Dialogo della mutatione di Firenze - p. 16

Cerretani, Bartolomeo

Dialogo della mutatione


loro la religione e dimenticatosi de' loro santissimi padri e facendo el
sommo sacerdote per danari et venendo e sacramenti, agiuntovi ogni al-
tra spetie di vitio e peccato, furon da Dio reprobati. Il perché a' gentili
fe' nascere il suo figliuolo, alli Ebrei tolse il regno, quelle forme vecchie,
corrotte levò via e fece per virtù del sangue delli apostoli la nuova gene-
ratione della Chiesa sua. Quando fece? Quando li Ebrei non credevano
più che Idio fussi, ma ballavano, cantavano et ciascuno haveva un para-
diso; perché quello che non crede che la religione nel premio <né> nella
pena sia, manca del timore e fa di qua un paradiso: Allora rovinò Idio
quella gente, come era suto loro prenuntiato moltissim'anni continua-
mente. E gentili sendosi fatti signori del mondo con e romani sotto Au-
gusto, cominciò a declinare et venire alla corrutione. Che fece Galba?
che Caligula? che Nerone? che Claudio, Commodo, Maximino? et tutti
questi feciono un macello di quella civiltà et di quello imperio. A que-
sto modo si veniva alla corrutione et la generatione della santa Chiesa
veniva in aumento. Non ti pare e' così?.
GIO.: Sì veramente.
GIR.: Et così con l'opere de' martiri, de' confessori et de' predica-
tori sempre è aumentata la Chiesa insino ne' tempi di Gostantino, il
quale gli donò i beni temporali, e quali hanno fatto l'ufitio loro, cioè
suffocati e beni spirituali di sorte che la non fa più frutto; e quella
barca che soleva per virtù del nochiere, el primo del quale fu Pietro,
Lino, Cleto, Clemente, Urbano, condurre per l'onde tempestose del
mondo al cielo empirio l'anime delli huomini, <ha>, come dice Era-
smo, smarrito el fine, cercasi di piaceri, di volutà, di boria, di pompa;
et che sia il vero, guardisi quelli primi nochieri, e quelli de l'età no-
stra. Di sorte che questa religione è, non per sé ma nelle mente delli
huomini, invechiata, in modo che quasi tutti li huomini di questi
tempi visitano e templi per vergogna et per timore, e prelati li uffi-
tiano, benché in pochi luoghi, per non perder l'entrate; ma non già
che né l'una né l'altra spetie creda che sia Idio, che il fig<liuo>lo ve-
nissi a incarnare, ecetera, ma che il mondo sia sempre stato, sia et
habbia a essere con questa corrutione di tutte le forme e generatione,
come sono corpi immobili, vigitativi, sensitivi e rationali, et che
l'huomo habbia, per essere più nobile de l'altre forme, a godere tutte
le altre, et che morto questo huomo sia finita ogni cosa per lui.
GIO.: Deh, Girolamo, e' mi pare che tu lasci adreto un passo, va'
adagio. O quando fu la Chiesa in maggior declinatione che la fu a tempo
de' martiri et delli eretici, che spegnievono tutto il gruppo de' cristiani
et eraci pochi che credessino a Cristo crucifisso?
GIR.: Io ti ho detto, Giovanni, che la fine secondo Aristotele e li altri
naturali è la vera regola, el fine della religione cristiana non è ll'opera?


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