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Gellius, Aulus - Noctes Atticae » Cerretani, Bartolomeo Dialogo della mutatione di Firenze - p. 17

Cerretani, Bartolomeo

Dialogo della mutatione


Gio<vanni>, a me pare valessi più l'opera d'un san Lorenzo, d'un san
Vincentio o successivamente d'un altro martire in fare grande et spiri-
tualmente la Chiesa et condurre huomini alla vita celeste, che non vale
l'opere di tutti e cristiani de' tempi nostri. E potette più l'opera d'un san
Francesco et d'un san Domenico che non fa quella di tutti e frati e preti
de l'età nostra. E che sia il vero, e martiri e confessori antichi l'hanno
fatta nonnulla; e che sia il vero, l'openione comune de' teologi è che la
Chiesa sia non le mura di Roma o di San Piero o di San Pagolo, né que-
sto o quello, ma il gruppo de' buon cristiani. Questo gruppo dove è
hoggi? dove sono e martiri? dove sono e confessori? dove e predicatori
che predichino Cristo crucifisso e non l'oro, che convertino a Dio l'a-
nime delli huomini? dov'è più la carità? Ciascuno, o religioso o secolare,
tira non a Dio ma a casa sua. O non vogliano dire che questa Chiesa sia
alla corrutione et al fine? benché non habbi a finire, sendo retta per
virtù della trionfante, la quale è finita. Lasciamo ch'io ti vorrei, Gio-
vanni, vedere ogni utile e bene, ma e' bisogna confessare che queste
cose sieno vere, et che questa Chiesa habbi a fare come la serpe, cioè
<col> gittare e lasciare tra dua massi il vechio scoglio. Pensa che alla
serpe duole et che com passione lascia tra e sassi la veste antica; così
dorrà alla Chiesa lasciar le pompe e piaceri, ma li averrà come alla serpe,
che resterà poi bella e chiara e lucente come era la primitiva. E' bisogna
confessarlo; tu sai che a me, o stia a questo modo o rinnuovisi non ne
viene nulla salvo che il zelo della carità fraterna.
GIO.: E' non si può negarlo, se Dio è come io credo, et che l'anima
sia inmortale.
GIR.: Questo non durerò fatica a provarlo, sendo da singular teologi
et filosofi suto largamente provato in varii tempi et in molti modi.
GIO.: Che la Chiesa si habbi a rinovare, anche questo confesso, per-
ché l'è molto diversa da quella de' primi cristiani; ma quello che of-
fende, non solo me ma lo Evangelo, il quale in san Matteo dice che Cri-
sto a quelli che lo dimandorno del giuditio rispose che non si aparte-
neva loro intendere e sapere e tempi e momenti delle cose future; la-
sciamo Aristotile, che nelle Posteriora dice che delle cose future contin-
gente non è determinata verità; ma e profeti antichi, che pronuntiorno li
flagelli e l'avenimento del Signore, lo notorno con certi tempi, hore e
punti, che prima che l'incarnassi non furno mai intesi, e tengo per opi-
nione che quelli che notorno e tempi non l'intendessino, ma mossi dallo
Spirtu Santo dissono quello che vedevano et udivano, et ora stante la
presuntione a questo vostro do<g>ma, che non solo v'è la rinovatione,
ma la dite ne' tempi e dì nostri su le parole del frate.
GOV.: Che dicesti poco fa et hora di fra Girolamo?
GIO.: Dissi che costoro sentivano di quella <fantasia> suprestitiosa,


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