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Ovidius Naso, Publius - Tristia » Cerretani, Bartolomeo Dialogo della mutatione di Firenze - p. 22

Cerretani, Bartolomeo

Dialogo della mutatione


ne l'Evangelio: «Io son venuto a mettere il fuoco, io ho messo il coltello
in terra per separare i boni da' cattivi
»?
GIO.: E' mi pare che fra cotesti buoni fussi dimolti tristi d'ogni sorte,
e molte volte se ne è scoperto il vero.
GIR.: Fra' primi sette diaconi fu un tristo, fra' dodici discepoli ne fu
un altro, fra tutti e buoni semi è sempre del cattivo; nientedimanco non
fa che il buono sia cattivo. Ma se non fussino e cattivi non sarieno cono-
sciuti i buoni; il sole par bello per le tenebre della notte.
GIO.: E' si vede che e capi della città della parte del frate havevano
fatto quello stato loro, e ne' giuditii civili e criminali e ne' consigli si aiu-
tavono di sorte che l'honoranze erano loro e così li utili, et era solo gasti-
gato chi era nemico del frate; ma li amici non havevano mai torto e lui,
come capo loro, gli aiutava e confortava a aiutarsi e farsi favore l'un
l'altro.
GIR.: io senti<i> molte volte dire al frate publicamente che chi fa-
ceva bene et era buon cittadino e buon huomo quello era suo amico, et
che non voleva là chi facessi il buono e l'ipocrito, et non poteva tenere
questo e non quello che andassi alla predica; et in San Marco e' non
gridò più acramente spetie nessuna quanto l'ipocriti e tiepidi, e quali
quanto potette li scoperse e perseguitò.
GIO.: Pure ommesso molti particulari si vede che si ridisse e disse
non havere hauto nulla da Dio, e che gli era sua inventione; questo non
si può negare.
GIR.: Dimmi, se venissi uno a te e dicessi: «Domani e l'altro ti averrà
i tali et i tali particulari », di cose impossibili a saperle per altra via che
da Dio, et che fussi di santissima vita, et che tutto quel dirti quelle cose
gli fussi piutosto per recar male che bene, e dicessi: «Io l'ho da Dio»; e
quando la metà delle cose fussino venute, e tornassi a te e dicessi:
«Quello che io ti dissi di quelle cose a venire non è vero ch'io l'havessi
da Dio ma fu mia inventione », dipoi venissi quasi tutte l'altre, che
direstù?
GIO.: Direi che le prime parole fussino vere e queste ultime finte,
perché potrebbono più in me l'essere delle cose che le sua parole.
GIR.: Così bisogna dire delle cose del frate, maxime ch'e nostri teo-
logi vogliono che Dio a benifitio della Chiesa e religione sua habbi mo-
stro a' sua profeti assai e mirabil cose, e fattole lor dire a' popoli; dipoi
suttratto loro el lume dello Spirtu Santo, sono rimasti ne' loro puri natu-
rali, come huomini che erono avanti che Dio dessi loro il lume della pro-
fetia, e disperatosi e gridati a Dio d'essere rimasti al buio.
GIO.: Nel Testamento vechio ne fu alcuno.
GIR.: Et nel nuovo non ne manca, et è conveniente; chi vidde in
santo Stefano, in san Paulo, che disse nel suo ratto che vidde molti se-


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