Castelvetro, Lodovico

Correttione d'alcune cose del Dialogo delle lingue di Benedetto Varchi

non può essere se non un solo, dove gli intelligibili possono es-
sere tanti quanti sono gli intelletti, e conseguentemente quasi
infiniti, perché da quanti intelletti è intesa e riserbata alcuna
cosa, tanti esseri intelligibili viene ad havere, e per conseguen-
za a perpetuarsi quasi infinitamente, e cioè in due modi, di
tempo e di numero, potendo essere intesa da infiniti intelletti
infinito tempo, cosa veramente divina e oltra tutte le maravi-
glie maravigliosa, poscia che quello che non potette far natura
per la imperfezzione della materia, cioè perpetuare gli indivi-
dui in se stessi, fece doppiamente l'arte per la perfezzione del-
l'intelletto humano.
A voler dunque che qual si sia cosa consegua la piú nobile
perfezzione e la piú perfetta nobiltà, e in somma la maggior fe-
licità e beatitudine che si possa, non dico havere in questo
mondo ma desiderare, è farla eterna e, a volerla eternare, biso-
gna farla intendere da gli intelletti humani e, a farla intendere
agli intelletti humani ci sono tre vie senza piú, due imperfette,
e cioè sono la pittura et la scultura, che fanno conoscere sola-
mente i corpi e a tempo, e una perfetta, cioè l'eloquenza, la
quale fa conoscere non solamente i corpi ma gli animi, non a
tempo ma perpetualmente. Et questo è quello che volle dottis-
simamente e non meno con verità che con leggiadria significa-
re M. Francesco Petrarca, quando, scrivendo al Signor Pandolfo
Malatesta da Rimini cosí famoso nelle lettere come nell'armi,
disse:

«

Credete voi, che Cesare o Marcello
o Paulo ed Affrican fusser cotali
per incude giamai né per martello?
Pandolfo mio queste opere son frali
a lungo andar, ma 'l nostro studio è quello
che fa per fama gli huomini immortali».

Dunque se l'essere è la prima e la piú degna e la piú non so-
lo desiderevole ma desiderata cosa che sia, anzi, che essere pos-

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