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Castelvetro, Lodovico

Correttione d'alcune cose del Dialogo delle lingue di Benedetto Varchi


loquenzia et la poesia sieno state per l'adietro tanto stimate
perché danno l'essere memoriale perpetuo. Ma, se io non sono
errato, si dee credere che queste due arti sieno state stimate
tanto principalmente per altro, cioè l'eloquenzia, come hab-
biamo detto, per la persuasione, et la poesia per lo diletto
che si trahe dal rassomigliare, come afferma Aristotile.
Medesimamente io non credo che per cagione dell'essere
memoriale che dà l'eloquenzia Cesare dicesse che fosse stata
maggior cosa rallargare i confini della lingua latina, lodando
Cicerone, che rallargare i confini dello 'mperio romano, ma
credo che lo dicesse per quella cagione che Cicerone, moven-
do non dissimile questione nel libro De' chiari favellatori, adduce,
cioè perché piú capitani agevolmente si truovano che pos-
sono prendere fortezze de' nemici che buoni dicitori. Et cer-
to al tempo di Giulio Cesare poca fatica era in tanta potenza
del popolo romano et con soldati tanto essercitati rallargare i
confini dello 'mperio, ma bene era cosa faticosa a Cicerone, oc-
cupato in tante faccende et publiche et private et in popolo che
non curava l'eloquenza, che rallargasse i confini della lingua
latina, abbellendola di varie figure di vaghe parole et scrivendo
di tante diverse materie non piú state scritte in detta lingua.


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