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Diogenes Laertius - Vitae philosophorum » Castelvetro, Lodovico Correttione del Dialogo delle lingue - p. 107

Castelvetro, Lodovico

Correttione d'alcune cose del Dialogo delle lingue di Benedetto Varchi


chora dall'altre oppositioni sopragiunte a quelle nella mia
risposta, nella quale lo 'nteresse proprio non meno lo dovreb-
be trafiggere, anzi molto piú, poiché non hanno havuta rispo-
sta niuna né da altri né da esso Caro come le predette dici-
sette.
Hora questa cagione con le tre dette di sopra dimostrano
chiaramente che il Varco ha per costante che il Caro habbia ra-
gione in questa disputa et che egli sia tenuto a difendere la par-
te di lui non solo per lo zelo ardente che ha verso la verità o per
l'amicitia stretta che è tra loro, anzi per la fratellanza, o per la
promessa fattagli, ma anchora come offeso et partefice della
'ngiuria. Veggasi egli dunque, stando la cosa cosí, come possa
dire:

Io in questo giudicio voglio essere, sebene non sono stato chiamato se
non da una delle parti, non avocato o procuratore, ma arbitro, et arbi-
tro lontano da ogni passione.


O quale arbitro non passionato sarà costui che prima ha data la
sententia che si sia formato il processo et che ha promesso di
dare la sententia per lo Caro, cioè di difenderlo senza eccetio-
ne niuna a torto o a diritto, et ha non meno interesse nella cau-
sa che s'habbia il Caro stesso? Et vuole imprima che si proceda
piú avanti che si creda per simplice suo affermamento che, se le
regole mie fossero vere et le mie osservationi osservare si do-
vessono, niuno potrebbe parlare senza difetto, non che scrive-
re.
La quinta ragione, la quale verisimilmente s'ha riserbata sí
come piú vigorosa per l'ultima che l'habbia trasportato in que-
sto campo a far battaglia meco, è tale o detta con tali parole che


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