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Apollonius Rhodius - Argonautica » Galilei, Galileo Il Saggiatore - p. 268

Galilei, Galileo

Il Saggiatore


l'angolo in distanza di dumila sarà, v. g., come cento a cinquant'otto,
e quello in distanza di quattromila a quello in distanza d'ottomila
sarà come cento a cinquantacinque, e quel della distanza di 10000 a
quel di ventimila sarà come cento a cinquantadue, e sempre la diminu-
zion dell'angolo s'anderà facendo in maggiore e maggior proporzione,
senza però ridursi mai a farsi colla medesima delle lontananze permu-
tatamente prese. Tal che, s'io non prendo errore, quello che scrive il
Sarsi, che l'angolo visuale, ridotto per gran lontananze a molta acu-
tezza, non continua di diminuirsi per altri immensi allontanamenti con
sì gran proporzione come faceva nelle minori distanze, è tanto falso,
quanto che tal diminuzione vien sempre fatta in maggior proporzione.
15. Legga ora V. S. Illustrissima: Sed dicet is<, hoc non esse, saltem, eodem uti instrumento, ac proinde,
si de eodem loquamur specillo, falsam esse positionem illam: quamquam enim
eadem sint vitra, idem etiam tubus, si tamen hic idem modo productior, modo
vero fuerit contractior, non idem semper erit instrumentum. Apage haec tam
minuta. Si quis igitur cum amico colloquens leni sono verba formaverit, ut sci-
licet e propinquo exaudiatur; mox alium conspicatus e longinquo, contentissima
illum voce inclamarit; alio atque alio illum uti gutture atque ore dixeris, quod
haec vocis instrumenta illic contrahi, hic dilatari atque extendi necesse sit? Nos
vero cum tubicines aes illud recurvum ac replicatum adducta reductaque dextra
ad graviorem quidem sonum producentes, ad acutiorem vero contrahentes, intue-
mur, num propterea alia atque alia> uti tuba existima-
mus?

Qui, com'ella vede, il Sarsi introduce me, come ormai convinto
dalla forza de' suoi sillogismi, a ricorrere per mio scampo a qualun-
que debolissimo attacco, ed a dire, quando pur vero sia che le stelle
fisse non ricevano accrescimento come gli oggetti vicini, che questo
saltem non è servirsi del medesimo strumento, poi che negli oggetti
propinqui si deve allungare; e mi soggiunge, con un Apage, ch'io
ricorro a cose troppo minute. Ma, Sig. Sarsi, io non ho bisogno di
ricorrere al saltem ed alle minuzie. Necessità ne avete avuta voi sin
qui, e più l'averete nel progresso. Voi avete avuto bisogno di dire
che saltem nelle sottilissime idee geometriche le fisse richieggono ab-
breviazione del telescopio più che la Luna, dal che poi ne seguiva,
come di sopra ho notato, che ricrescendo la Luna mille volte, le fisse
ricrescerebbono novecento novantanove, mentre che per mantenimento
del vostro detto avevate di bisogno ch'elle non ricrescessero né anco
una meza volta. Questo, Sig. Sarsi, è un ridursi al saltem, e un far
come quella serpe che, lacerata e pesta, non le sendo rimasti più spiriti
fuor che nell'estremità della coda, quella va pur tuttavia divinco-
lando, per dare a credere a' viandanti d'essere ancor sana e gagliarda.
Ed il dire che il telescopio allungato è un altro strumento da quel
ch'era avanti, è, nel proposito di che si parla, cosa essenzialissima,
e tanto vera quanto verissima; né il Sarsi avrebbe stimato altrimenti,
se nel darne giudicio non avesse equivocato dalla materia alla forma
o figura, che dir la vogliamo: il che si può facilmente dichiarare anco
senza uscir del suo medesimo essempio.


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