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Aristoteles - Ars rhetorica » Persius Flaccus, Aulus - Saturae » Galilei, Galileo Il Saggiatore - p. 292

Galilei, Galileo

Il Saggiatore


magine unita e distinta: dico così, perché la rotta e confusa si fa
da tutte le superficie, quanto si voglia scabrose ed ineguali; che però
quell'immagine d'un panno colorato che distintissima si scorge in uno
specchio oppostogli, confusa e rotta si vede nel muro, dal quale certo
adombramento del color di esso panno ci vien solamente ripercosso.
Ma se V. S. Illustrissima piglierà una pietra o una riga di legno, non
tanto liscia che ci renda direttamente l'immagini, e quella s'esporrà
obliquamente all'occhio, come se volesse conoscer s'ella è piana e
diritta, vederà distintamente sopra d'essa l'immagini de gli oggetti
che fossero accostati all'altro capo della riga, così distinte che tenen-
dovi un libro scritto, potrà commodamente leggerlo. Ma di più, s'ella
si costituirà coll'occhio vicino all'estremità di qualche muraglia di-
ritta ed assai lunga, prima vederà un perpetuo corso d'essalazioni
verso il cielo, e massime quando il parete sia percosso dal Sole, per
le quali tutti gli oggetti opposti appariscono tremare; dipoi, se farà
che alcun dall'altro capo del muro se le vada pian piano accostando,
vederà, quando le sarà assai vicino, uscirgli incontro l'immagine sua
reflessa da quei vapori ascendenti, non punto umidi né gravi, anzi
aridissimi e leggieri. Ma che più? Non è ancor giunto al Sarsi il
rumore che si fa, in particolare da Ticone, delle refrazzioni che si fanno
nell'essalazioni e vapori che circondano la Terra, ancor che l'aria sia
serenissima, asciuttissima e lontanissima dalle piogge e da ogni umi-
dità? Né mi citi, com'egli fa, l'autorità d'Aristotile e di tutti i mae-
stri di perspettiva; perch'egli non farà altro che dichiararmi più
cauto osservatore di loro, cosa, per mio credere, diametralmente con-
traria alla sua intenzione. E tanto basti in risposta al primo argo-
mento del Sarsi: e vegniamo al secondo.
22. Quod si forte <quis nihilominus affirmare audeat, nihil prohibere quominus
vapor aqueus ac densus vi aliqua altius provehatur ab eoque refractio haec atque
reflexio cometae proveniat (nullum enim aliud huic effugium patere videtur, cum
longa experientia compertum sit, quo rariora corpora fuerint magisque perspicua,
minus ea illuminari, saltem quoad aspectum, magis vero quo densiora et cum
plus opacitatis habuerint; cum ergo cometa ingenti adeo luce fulgeret, ut stellas
etiam primae magnitudinis ac planetas ipsos splendore superaret, densior
eius materia atque aliqua ex parte opacior dicenda erit: Trabem enim eodem
tempore, quod eius summa esset raritas, albicantem potius quam splendentem,
nullisque radiis micantem, vidimus); verum, si densus adeo fuit vapor hic fu-
midus, ut lumen tam illustre atque ingens ad nos retorqueret, atque, ut Galilaeo
placet, si satis amplam caeli partem occupavit, qui tandem factum est ut stellae,
quae per hunc subiectum vaporem intermicabant, nullam insolitam paterentur
refractionem, neque minores maioresve quam antea comparerent? Certe, cum
eodem tempore stellarum cometam undique circumsistentium distantias inter se
quam exactissime metiremur, nihil illas a Tychonicis distantiis discre-
pare invenimus; variari tamen stellarum magnitudines earumque distantias inter
se ex interpositione vaporum huiusmodi, et experientia nos docuit, et Vitello et
Halazen scriptis consignarunt. Aut igitur dicendum est, vapores hosce tenues
adeo ac raros fuisse, ut astrorum lumini nihil officerent (qui tamen cometae
per refractionem luminis producendo minus apti probati iam sunt), vel, quod
longe verius sit,> fuisse nullos
.
Molte cose son da considerarsi in questo argomento, le quali mi
pare che lo snervano assai.
E prima, né il Sig. Mario né io abbiamo mai ardito di dire, che
vapori aquei e densi sieno stati attratti in alto a produr la cometa;
onde tutta l'instanza che sopra l'impossibilità di questa posizione
s'appoggia, cade e svanisce.
Secondo, che i corpi meno e meno s'illuminino, quanto all'appa-
renza, secondo ch'ei sono più rari e perspicui, e più e più quanto
più densi, come dice il Sarsi aver per lunghe esperienze osservato,


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