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Biblia, 2 Tim » Galilei, Galileo Il Saggiatore - p. 222

Galilei, Galileo

Il Saggiatore


1. Or vegniamo al trattato, e sia il primo saggio intorno ad
alcune parole del proemio, cioè da Unus, quod sciam, fino a Doluimus.
Il qual proemio sarà però da noi qui registrato intero, per total com-
pitezza del testo latino, al quale non vogliamo che manchi pur un iota.
Tribus in caelo facibus <insolenti lumine, anno superiore, fulgentibus, nemo
hebeti adeo ingenio ac plumbeis oculis fuit, qui utramque in illas aciem non inten-
derit aliquando, miratusque non sit insueti fulgoris eo tempore feracitatem. Sed
quoniam est vulgus, ut sciendi avidissimum, ita ad rerum causas investigandas
minus aptum, ab iis propterea sibi tantarum rerum scientiam, iure veluti suo,
exposcebat, ad quos caeli mundique totius contemplatio maxime pertineret. Phi-
losophorum igitur astronomorumque Academias consulendas illico censuit. Quid
igitur nostra haec Gregoriana, quae, et disciplinarum et Academicorum multi-
tudine nobilis, se inter caeteras designari omnium oculis, se maxime consuli, ab
se responsa expectari, facile intelligebat? Committere enimvero non potuit, ne
in re, quamquam dubia, suo saltem muneri et postulantium votis utcumque sa-
tisfaceret. Praestitere hoc ii, quibus ex munere id oneris incumbebat; nec male,
si summorum etiam capitum suffragium spectes.> Unus, quod sciam, Disputationem nostram, et
quidem paulo acrius, improbavit Galilaeus
.
Nelle quali ultime parole, cioè Unus, quod sciam, egli afferma che
noi agramente abbiamo tassata la Disputazion del suo Maestro. Al
che io non veggo per ora che occorra risponder cosa alcuna, av-
venga che il suo detto è assolutamente falso; poi che, per diligenza
usata in cercar nella scrittura del Sig. Mario il luogo (già ch'egli
nol cita), non l'ho saputo ritrovare. Ma intorno a questo avremo più
a basso altre occasioni di parlare.
2. Seguita appresso (e sia il secondo saggio): Doluimus primum<, quod
magni nominis viro haec displicerent; deinde consolationis loco fuit, ab eodem
Aristotelem ipsum, Tychonem, aliosque, non multo mitius hac in disputatione
habitos: ut sane non aliae iis texendae forent apologiae, quibus communis cum
summis ingeniis causa satis, vel ipsis silentibus, apud aequos aestimatores>
pro se ipsa peroraret
.
Qui dice, aver da principio sentito dolore che quel Discorso mi
sia dispiaciuto, ma soggiunge essergli stato poi in luogo di consola-
zione il veder l'istesso Aristotile, Ticone ed altri esser con simile
asprezza tassati; onde non erano di mestieri altre difese a quelli che
nell'accuse fussero a parte con ingegni eminentissimi, la causa stessa
de' quali, anco nel lor silenzio, appresso giusti giudici assai da per se
stessa parlava e si difendeva. Dalle quali parole mi par di raccorre
che, per giudicio del Sarsi, di quelli che intraprendono a impugnar
autori d'ingegno eminentissimo si debba far così poca stima, che né
anco metta conto che alcuno si ponga alla difesa de gli oppugnati,
la sola autorità de' quali basta a mantener loro il credito appresso
gl'intendenti. E qui voglio che V. S. Illustrissima noti come il Sarsi,
qual se ne sia la causa, o elezzione o inavvertenza, aggrava non poco
la reputazion del P. Grassi suo precettore, principale scopo del quale
nel suo Problema fu d'impugnar l'opinion d'Aristotile intorno alle
comete, come nella sua scrittura apertamente si vede e l'istesso Sarsi
replica e conferma in questa, alla fac. 7; di modo che
se i contradittori a gli uomini grandissimi devono esser trapassati, il
P. Grassi doveva esser un di questi. Tuttavia noi non solamente non
l'abbiamo trapassato, ma ne abbiamo fatto la medesima stima che
de gl'ingegni eminentissimi, accoppiandolo con quelli; sì che in cotal
particolare altrettanto viene egli da noi essaltato, quanto dal suo disce-


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