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Galilei, Galileo

Il Saggiatore


è liquido, e fa forza in un contenuto solido, corpulento e grave, va
imprimendo la mobilità in un soggetto atto nato a ritenerla e con-
servarla lungo tempo; per lo che il secondo impulso sopravenente
trova il moto impresso di già dal primo, il terzo impulso trova l'im-
peto conferito dal primo e dal secondo, il quarto sopragiunge alle
operazioni del primo, secondo e terzo, e così di mano in mano, onde
il moto nel mobile vien non pur conservato, ma augumentato an-
cora: ma quando il mobile sia liquido, sottile e leggiero ed in con-
seguenza impotente a conservare il movimento impresso, e che tanto
è quello che s'imprime quanto quello che si perde, il volergli im-
primer velocità è opera vana, qual sarebbe il volere empier il crivello
delle Belide, che tanto versa quanto vi si rinfonde. Or eccovi, Sig.
Lottario, mostrato somma diversità ritrovarsi tra queste due opera-
zioni, che a voi parevano una cosa medesima.
39. Passiamo ora al terzo argomento. Sed demus Galilaeo<, orbis huius interiorem superficiem tornatam ac laevem
esse: nego, laevibus corporibus aërem non adhaerescere. Lamina certe vitrea B
aquae imposita, quamvis laevissima sit, non minus quam
si foret alterius asperioris materiae natabit, adhaerensque
illi aër aquam AC, circa vitrum per vim sese attollentem
,
continebit, ne diffluat et laminam obruat. Cur igitur inde non abscedit aër,
dum descendentis aquae pondere e vitrea lamina truditur, sed haeret illi mor-
dicus, nec, nisi maiori vi pulsus, loco cedit? Praeterea, si quis, lapideam forte
tabulam politissimam nactus, corpus aliud grave aeque politum eidem impo-
suerit, postea vero subiectam tabulam huc illuc traliat, impositum aeque corpus
quo voluerit trahet; et tamen si pondus quo corpus illud tabulae innititur
auferas, id huic non adhaerebit. Tota igitur ratio quae ad tabulae motum cor-
pus etiam impositum moveri cogit, ex illa compressione oritur, qua grave illud
tabulam subiectam premit. Iam, sicuti ex eo quod alterum horum corporum ab
altero premitur, ad eius motum hoc etiam moveri necesse est, ita assero, con-
cavum Lunae quodammodo premi ab aëre sive exhalationibus inclusis, si quando
eas rarefieri contigerit, quod semper contingit: dum enim rarefiunt, prioris
loci angustiis contemptis, ampliori extenduntur spatio, atque ambientium cor-
porum, ac proinde caeli ipsius, partes omnes, si qua obstent rarefactioni, quantum
in ipsis est, premunt; ac propterea non mirum, si ex compressione adhaesio
aliqua consequatur, quae duo haec corpora veluti connectat et colliget, ita ut ad
eumdem postea motum> utrum-
que moveatur.

Continua il Sarsi in questa sua fantasia, di voler pur ch'io ab-
bia detto che l'aria non aderisca a i corpi lisci e tersi: cosa che
non si trova scritta né da me né dal Sig. Mario. In oltre, io non
ben capisco che cosa intenda egli per questa sua aderenza. S'egli
intende una copula che resista al separarsi del tutto e spiccarsi l'una
dall'altra superficie, sì che più non si tocchino, io dico tal aderenza
esservi, ed esservi, grandissima, sì che la superficie, v. g., dell'acqua
non si staccherà da quella d'una falda di rame o di altra materia
se non con un'immensa violenza, né in questo caso importa se tal
superficie sia o non sia pulita e liscia, e basta solo un esquisito con-
tatto; il qual tien tanto saldamente uniti i corpi, che forse le parti
de' corpi solidi e duri non ànno altro glutine di questo, che le tenga
attaccate insieme: ma questa aderenza non serve punto al bisogno
del Sarsi. Ma s'egli intende una congiunzion tale, che le due super-
ficie, dico quella del solido e quella dell'umido, non possano, né anco
strisciandosi insieme, muoversi l'una contro all'altra, che sarebbe se-
condo il bisogno suo, dico cotale aderenza non v'essere non solo tra
un solido e un liquido, ma né anco tra due solidi: e così vederemo
in due marmi ben piani e lisci la prima aderenza esser tanta, che
alzandone uno, l'altro lo segue, ma la seconda esser così debole, che
se le superficie toccantisi non saranno ben bene equidistanti all'ori-


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