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Bernardus Claraevallensis - In Natali S. Benedicti » Galilei, Galileo Il Saggiatore - p. 327

Galilei, Galileo

Il Saggiatore


Sarsi non mi nega in tutto, ma, come si vede, in parte m'ammette:
la qual concessione io devo riconoscere dalla sua cortesia più che da
una interna e verace concessione, perché, per quanto io posso com-
prendere, egli non è di quelli che così di leggiero si lascino persua-
dere dalle mie facilità, poi ch'egli stesso, reputando che la scrittura
del Sig. Mario sia mia cosa, dice nel fine del precedente essame,
quella esser stata scritta con parole molto oscure, e tali ch'egli non
ha potuto indovinare il senso.
Già, come ho detto, quanto all'esperienze me ne rimetto a V. S.
Illustrissima, che le ha vedute, e solo, incontro a tutte, ne replicherò
una scritta di già dal Sig. Mario nella sua lettera, dopo che averò
fatto un poco di considerazione sopra certa ragione che il Sarsi ac-
coppia coll'esperienze: la qual ragione io veramente pagherei gran
cosa che fusse stata taciuta, per reputazion sua e del suo Maestro
ancora, quando vero fusse ch'egli fusse discepolo di chi egli si fa.
Oimè, Sig. Sarsi, e quali essorbitanze scrivete voi? Se non v'è qual-
che grand'error di stampa, le vostre parole son queste: Hinc videas,
quotiescunque movens moto maius fuerit, tunc longe faciliorem motum fu-
turum: imposito enim vasi operculo AB, tunc superficies interior catini et
operculi simul, ad cuius motum movendus est aër, maior est aëre proxime
movendo; est enim superficies illa continens, aër vero contentus.
Or rispon-
detemi in grazia, Sig. Sarsi: questa superficie del catino e del suo
coperchio con chi la paragonate voi, colla superficie dell'aria con-
tenuta o pur coll'istessa aria, cioè col corpo aereo? Se colla super-
ficie, è falso che quella sia maggior di questa; anzi pur sono elleno
egualissime, ché così v'insegnerà l'assioma euclidiano, cioè che Quae
mutuo congruunt, sunt aequalia.
Ma se voi intendete di paragonar la
superficie contenente coll'istessa aria, come veramente suonan le vo-
stre parole, fate due errori troppo smisurati: prima, col paragonare
insieme due quantità di diversi generi, e però incomparabili, ché
così vuole una diffinizion d'Euclide: Ratio est duarum magnitudinum
eiusdem generis;
e non sapete voi che chi dice Questa superficie è
maggior di quel corpo erra non men di quel che dicesse La set-
timana è maggior d'una torre o L'oro è più grave della nota
cefautte? L'altro errore è, che quando mai si potesse far paragone
tra una superficie ed un solido, il negozio sarebbe tutto all'opposito
di quello che scrivete voi, perché non la superficie sarebbe maggior


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