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Vergilius Maro, Publius - Aeneis » Galilei, Galileo Il Saggiatore - p. 335

Galilei, Galileo

Il Saggiatore


punto, averebbe qualche apparenza l'instanza, se il Sig. Mario
avesse mai detto che tutto quel ferro che si consuma, limando, do-
ventasse materia calorifica, perché così parrebbe ragionevol cosa che
molto più scaldasse il ferro consumato colla lima che il percosso col
Martello: ma non è la limatura quella che scalda, ma altra sostanza
incomparabilmente più sottile.
43. Ma seguitiamo innanzi. Ego igitur multum <conferre arbitror, ad maiorem minoremve calefactionem
corporum attritorum, qualitates eorumdem, sint ne videlicet illa calidiora an fri-
gidiora, remque hanc ex multis aliis pendere, de quibus statuere adeo facile
non sit. Nam si ferulas duas, corpora levissima ac rarissima, mutua aut alterius
ligni confricatione attriveris, ignem brevi concipient: non idem in lignis aliis
accidit, durioribus ac densioribus, quamvis eadem diutius ac vehementius atteri
consumique contingat. Seneca certe, «Facilius, inquit, attritu calidorum ignis
existit
»; ex quo fieri ait, ut aestate plurima fiant fulmina, quia plurimum calidi
est. Praeterea, ferreus pulvis in flammam coniectus exardescit, non vero qui-
cumque alius pulvis e marmore. Quare si in aëre plurimum exhalationum cali-
darum fuerit, eumdemque ex vehementi aliquo motu atteri contigerit, non video
cur calefieri atque etiam incendi non possit: tunc enim, cum rarus sit ac siccus
multumque admixtum calidi habeat,> ad ignem conci-
piendum aptissimus est
.
Qui, dove pare che il Sarsi si apparecchi per produrre con dot-
trina più salda migliore esplicazione delle difficoltà che si trattano,
non veggo né che venga apportato molto di nuovo, né di gran pre-
giudicio alle cose del Sig. Mario. Imperocché il dire che molto confe-
risce al maggiore o minor riscaldamento de' corpi che si stropicciano
insieme, l'essere essi di qualità calda o fredda, e che anco da molte
altre cose non così ben manifeste depende questo negozio, lo credo io
pur troppo; ma non mi par già di farci acquisto veruno, per esser, di
questo che mi vien detto, la seconda parte troppo recondita, e la
prima troppo manifesta e notoria, atteso che in sostanza non mi dice
altro se non che più si scaldano quei corpi che son più caldi o più
disposti allo scaldarsi, e meno quelli che son più freddi. Così pari-
mente quello che segue appresso, che per la confricazione alcuni le-
gni, cioè i più leggieri e rari, s'accendano più facilmente che altri
più duri e densi, ancor che questi più gagliardamente e più lungo
tempo s'arruotino insieme, lo credo parimente, ma ciò non veggo
che faccia contro al Sig. Mario, che mai non ha detto in contrario;
e non è adesso ch'io sapevo che più presto s'infiammava un pen-
necchio di stoppa in un fuoco ben che lentissimo, che un pezzo di
ferro nella fucina ben ardente.
A quello ch'ei soggiunge, e fortifica col testimonio di Seneca,
cioè che la state sia per aria maggior copia d'essalazioni secche, e
che perciò si facciano molti fulmini, io ci presto l'assenso; ma du-
bito bene circa 'l modo dell'accendersi cotali essalazioni insieme col-
l'aria, e se ciò avvenga per l'attrizione cagionata per alcun movi-
mento. Io reputerei vero quanto viene scritto dal Sarsi, se prima
egli m'avesse accertato, non essere in natura altri modi di suscitar
l'incendio fuori che questi due, cioè o col toccar la materia combu-
stibile con un fuoco già attualmente ardente, come quando con un


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