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Vergilius Maro, Publius - Aeneis » Galilei, Galileo Il Saggiatore - p. 224

Galilei, Galileo

Il Saggiatore


intenzione, trapassando sotto silenzio le conclusioni e le ragioni prin-
cipali: il che ha egli fatto perché conosceva in coscienza di non po-
ter non le lodare e confessar vere, che sarebbe poi stato contro alla
sua intenzione, che fu solamente di dannare ed impugnare, com'egli
stesso scrive alla fac. 42 con queste parole: Atque
haec de Galilaei sententia, in iis quae cometam immediate spectant, dicta sint.
Plura enim dici vetat ipsemet, qui, in bene longa disputatione, quid sentiret
paucis admodum atque involutis verbis exposuit, nobisque plura in illum affe-
rendi locum praeclusit. Qui enim refelleremus quae ipse nec protulit, neque
nos divinare potuimus?
Nelle quali parole, oltre al vedersi la già detta
intenzion di confutar solamente, io noto due altre cose: l'una è, ch'ei
simula di non aver intese molte cose per essere (dic'egli) state scritte
oscuramente, che vengon a esser quelle nelle quali non ha trovato
attacco per la contradizzione; l'altra, ch'egli dice non aver potuto
confutar le cose ch'io non ho profferite né egli ha potute indovi-
nare: tuttavia V. S. Illustrissima vedrà come la verità è che la mag-
gior parte delle cose ch'ei prende a confutare sono delle non prof-
ferite da noi, ma indovinate o vogliam dire immaginate da esso.
4. Rem quamplurimis pergratam <me
facturum sperans, quibus Galilaei factum nullo nomine probari potuit: quod
tamen in hac disputatione ita praestabo, ut abstinendum mihi ab iis verbis per-
petuo duxerim, quae exasperati magis atque iracundi animi, quam scientiae,
indicia sunt. Hunc ego respondendi modum aliis, si qui volent, facile concedam.
Agite igitur, quando ille etiam per internuncios atque interpretes rem agi
iubet, ut propterea non ipse per se, sed per Consulem Academiae Marium sui
secreta animi omnibus exposuerit, liceat etiam nunc mihi, non quidem Consuli,
sed tamen mathematicarum disciplinarum studioso, ea quae ex Horatio Grassio
Magistro meo de nuperrimis eiusdem Galilaei inventis audierim, non uni tantum
Academiae, sed reliquis etiam omnibus qui latine norunt, exponere. Neque hic
miretur Marius, Consule se praetermisso, cum Galilaeo rem transigi. Primum,
enim, Galilaeus ipse, in litteris ad amicos Romam datis, satis aperte disputa-
tionem illam ingenii sui foetum fuisse profitetur; deinde, cum idem Marius perin-
genue fateatur, non sua se inventa, sed quae Galilaeo veluti dictante excepisset,
summa fide protulisse, patietur, arbitror, non inique, cum Dictatore potius me
de iisdem, quam> cum Consule, interim disputare
.
In tutto questo restante del proemio io noto primamente, come
il Sarsi pretende d'aver fatto cosa grata a molti colla sua impugna-
zione: e questo forse può essergli accaduto con alcuni che non ab-
biano per avventura letta la scrittura del Sig. Mario, ma se ne sieno
stati all'informazion sua; la quale venendo fatta privatamente e
(come si dice) a quattr'occhi, quanto e quanto sarà ella stata lon-
tana dalle cose scritte, poi che in questa publica e stampata ei non
s'astiene d'apportar in campo moltissime cose come scritte dal Sig.
Mario, le quali non furon mai né nella sua scrittura né pur nella
nostra imaginazione? Soggiunge poi, volersi astenere da quelle pa-
role che danno indizio più tosto d'animo innasprito ed adirato, che
di scienza: il che quanto egli abbia osservato, vedremo nel progresso.
Ma per ora noto la sua confessione, d'essere internamente innasprito
ed in collera, perché quando ei non fusse tale, il trattar di questo
volersi astenere sarebbe stato non dirò a sproposito, ma superfluo,
perché dove non è abito o disposizione, l'astinenza non ha luogo.
A quello ch'egli scrive appresso, di voler come terza persona riferir


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