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Biblia, Col » Galilei, Galileo Il Saggiatore - p. 226

Galilei, Galileo

Il Saggiatore


Sig. Mario; sì che non occorreva che il Sarsi, con aggiungere a
vero, introducesse mie lettere, né mettesse il Sig. Mario a sì piccola
parte della sua scrittura (nella quale egli ve l'ha molto maggior
di me), che lo spacciasse per copista. Or, poi che così gli è piaciuto,
e così segua; ed intanto il Sig. Mario, in ricompensa dell'onor fat-
tomi, accetti la difesa della sua scrittura.
5. E ritornando al trattato, rilegga V. S. Illustrissima l'infrascritte
parole: Dolet igitur, primo<, se in Disputatione nostra male habitum, cum de tubo
optico ageremus nullum cometae incrementum afferente, ex quo deduceremus
eundem a nobis quam longissime distare. Ait enim, multo ante palam affirmasse
se, hoc argumentum nullius momenti esse. Sed affirmarit licet: nunquid eius
illico ad Magistrum meum pronunciata referrent venti? Licet enim summorum
virorum dicta plerunque fama divulget, huius tamen dicti (quid faciat?) ne
syllaba quidem ad nos pervenit. Et quanquam dissimulavit, novit id tamen
multorum etiam testimonio, novit benevolentissimum in se Magistri mei animum,
et qua privatis in sermonibus, qua publicis in disputationibus, effusum plane in
laudes ipsius. Illud certe negare non potest, neminem ab illo unquam proprio
nomine compellatum, neque se verbis ullis speciatim designatum. Si qua tamen
ipsius animum pulsaret dubitatio, meminisse etiam poterat, perhonorifice olim se
hoc in Romano Collegio ab eiusdem Mathematicis acceptum, et cum de Mediceis
sideribus tuboque optico, illo audiente et (qua fuit modestia) ad laudes suas
erubescente, publice est disputatum, et cum postea ab alio, eodem loco atque
frequentia, de iis quae aquis insident disserente, perpetuo Galilaeus acroamate
celebratus est. Quid ergo causae fuerit nescimus, cur ei, contra, adeo viluerit
huius Romani Collegii dignitas, ut eiusdem Magistros et logicae imperitos di-
ceret, et nostras de cometis positiones futilibus ac falsis innixas rationibus,> non timide pronunciaret
.
Sopra i quali particolari scritti io primieramente dico di non
m'esser mai lamentato d'essere stato maltrattato nel Discorso del
P. Grassi, nel quale son sicuro che S. R. non applicò mai il pensiero
alla persona mia per offendermi; e quando pure, dato e non con-
cesso, io avessi avuta opinione che il P. Grassi nel tassar quelli che
facevan poca stima dell'argomento preso dal poco ricrescer la co-
meta, avesse voluto comprender me ancora, non però creda il Sarsi
che questo mi fusse stato causa di disgusto e di querimonia. Sarebbe
forse ciò accaduto quando la mia opinion fusse stata falsa, e per tale
scoperta e publicata; ma sendo il detto mio verissimo, e falso l'altro,
la moltitudine de' contradittori, e massime di tanto valore quanto è
il P. Grassi, poteva più tosto accrescermi il gusto che il dolore, atteso
che più diletta il restar vittorioso di prode e numeroso essercito, che
di pochi e debili inimici. E perché degli avvisi che da molte parti
d'Europa andavano (come scrive il Sarsi) al suo Maestro, alcuni nel
passar di qua lasciavano ancora a noi sentire come generalmente tutti
i più celebri astronomi facevano gran fondamento sopra cotale argo-
mento, né mancavano anco ne' nostri contorni e nella città stessa
uomini della medesima opinione, io al primo motto, che di ciò intesi,
molto chiaramente mi lasciai intendere che stimavo questo argomento
vanissimo, di che molti si burlavano, e tanto più, quando in favor
loro apparve l'autorevole attestazione e confermazione del Matema-
tico del Collegio Romano: il che non negherò che mi fusse cagione
d'un poco di travaglio, atteso che trovandomi posto in necessità di
difendere il mio detto da tanti altri contradittori, i quali, per esser
stati fatti forti da un tanto aiuto, più imperiosamente mi si leva-
vano contro, non vedevo modo di poter contradire a quelli senza
comprendervi anco il P. Grassi. Fu adunque non mia elezzione, ma


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