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Apollonius Rhodius - Argonautica » Galilei, Galileo Il Saggiatore - p. 371

Galilei, Galileo

Il Saggiatore


vengono da essi raggi traversate. E così parimente, scendendo un
raggio di Sole per qualche finestrella in una stanza ombrosa, come
tal or si vede per qualche vetro rotto in alcuna chiesa, tutti gli
oggetti opposti, in quella parte dove il raggio gli traversa, si veg-
gono meno distintamente, mentre però il riguardante sia in luogo
onde ei vegga il raggio luminoso distinto, il che non avviene da tutti
i siti indifferentemente. Ora, stanti queste cose vere, dico (e così si
è sempre detto) potere esser che la materia della cometa sia assai
più sottil dell'aria vaporosa, e meno atta ad illuminarsi, ché così ne
persuade il vederla noi sparir nell'aurora e nel crepuscolo, trovan-
dosi il Sole ancora assai sotto l'orizonte; sì che, quanto alla luci-
dità, non ci è ragione perch'ella debba asconderci le stelle più della
region vaporosa. Quanto poi alla profondità, prima, la region vapo-
rosa è grossa molte miglia; dipoi, noi non siamo in necessità di
por la barba della cometa di smisurata profondità, non avendo deter-
minato né quanto sia il diametro del capo, né s'egli è rotondo, né
quanta sia la lontananza. Con tutto ciò, quando anco altri volesse
porla profonda 8 o 10 miglia, non si vede nascerne inconveniente
alcuno; perché anco l'aria vaporosa in tanta e maggior profondità,
ed illuminata quanto la barba della cometa, lascia veder le stelle.
52. Illud praeterea <a Galilaeo Aristoteli obiicitur, male illum ex cometis praedi-
cere, annum fore non admodum pluvium, sed siccum potius, ventorum etiam in-
gentem vim ac Terrae motus portendi. Cum enim, inquit, cometae nihil aliud
Aristoteli sint nisi ignes, huiusmodi exhalationum veluti eluones voracissimi,
si nullas reliquias ab iisdem relinquendas dixeris, longe sapientius pronunciaris.
Sed ego longe aliter sentiendum existimo. Nam si qua in urbe per fora ac vias
magnam frumenti vim dispersam negligenter haberi, aut si forte vilissima quae-
que capita ac plebeculae sordes opipare semper epulari videas; an non inde tan-
tam rei frumentariae ac totius annonae facultatem sapienter arguas, ut nulla
ibidem in longum tempus metuenda sit inopia? Ita plane dicendum. Atqui hali-
tuum sedes angustis ut plurimum terminis, ac veluti in horreo frumentum, in-
cluditur; neque ad illas plagas, quibus vorax flamma dominatur, facile pro-
ducitur, nisi quando eorumdem ingens copia inferioribus sedibus capi non potest,
aut forte iidem, sicciores ac rariores effecti, omnem aqueam exuerint qualitatem.
Quare non inepte Aristoteles ex cometis, hoc est ex huiusmodi exhalationibus
ad ignem usque, adeo non parce sed affluenter, productis, intulit, inferiora haec
omnia iisdem maxime abundare. Neque hinc sequitur, ab eo igne nullas eorum-
dem halituum reliquias relinquendas: is enim ea tantum absumit, quae supra
non capaces inferioris sedis angustias ad ignis plagam elevantur; qui postea ignis
non in alienas regiones irrumpit, sed suo semper fixus in regno ea sibi vindicat
quae propius ad illum accesserint aut, quasi ab humidioribus impressionibus
transfuga, ad illum defecerint: et propterea potuit Aristoteles hinc etiam ventos,
sicciorem anni temperiem, aliaque huiusmodi praenunciare. De nostro certe
cometa si quis tale aliquid praedixisset, potuisset ab eventu ipso id egregie con-
firmare; nam et annus siccior solito extitit, insolentes ventorum vehementesque
flatus experti sumus, Terrae motibus magna Italiae pars concussa, idque alicubi
non parvo urbium atque oppidorum damno. Quid igitur? an non sapienter, ut
alia multa, haec etiam> Aristoteles enunciavit?

L'essempio in virtù del quale crede il Sarsi di poter difendere
Aristotile e mostrar l'obiezzione del Sig. Mario invalida, a me par
che non molto s'assesti al caso essemplificato. Che il veder per le
strade e per le piazze copia di biade arguisca esser di quelle mag-
giore abbondanza che quando non se ne veggono, ha molto ben del
ragionevole, imperò che è in potere ed in arbitrio de i padroni l'esporle
ed il celarle, e, di più, il farne mostra non le consuma o diminuisce
punto; i quali due particolari non ànno luogo nel caso della cometa.
E per avventura essempio più proporzionato sarebbe se alcuno dicesse
in cotal modo: che l'isola Cuba abbondi di cinnamomi e cannelle,
ce ne sia grand'argomento il sapere che gl'isolani fanno fuoco di
quelle continuamente. Il discorso è concludente, perché, essendo in
arbitrio loro l'arderle o no, quando ne avesser penuria l'userebbon
per condimento solamente, come noi. Ma quando venisse avviso che
i mesi passati per certo accidente si fusse attaccato fuoco nella gran
selva de' cinnamomi, e che gl'isolani non furono potenti ad estinguer


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