BIVIO: Biblioteca Virtuale On-Line
Aristoteles - Ars rhetorica » Persius Flaccus, Aulus - Saturae » Galilei, Galileo Il Saggiatore - p. 372

Galilei, Galileo

Il Saggiatore


le fiamme, ritrovandosi in questo tempo assai lontani dal luogo, sì
ch'ella irreparabilmente arse; se alcun mercante da tale accidente
insolito volesse a i nostri aromatarii pronosticare una straordinaria
abbondanza, poi che, dove per l'ordinario se ne abbruciano a fascetti,
questa volta si è fatto a boscaglie intere; io credo ch'ei verrebbe
reputato persona molto semplice: e quello che vedendo dalle fiamme
divorar le biade mature della sua possessione, si rallegrasse e si pro-
mettesse d'essere per empire assai più del solito i suoi granai, poi
che ve n'è da abbruciare a moggia, credo che sarebbe tenuto stolto
affatto. La materia di che si fa la cometa o è della medesima di che
si producono i venti, o è diversa: se è diversa, non si può dalla
copia di quella arguire abbondanza di questa, più che se alcuno dal
veder molt'uva si promettesse gran ricolta d'olio; se è dell'istessa,
attaccato che vi sia il fuoco, arderà tutta.
53. Quid porro <ex his omnibus inferri non immerito possit, non ex me, sed ex
Galilaeo ipso, audiendum censeo. Ille enim, cum sua haec experimenta exposuis-
set, addidit: «Haec nostra sunt experimenta, nostrae hae conclusiones, ex nostris
principiis nostrisque opticis rationibus deductae. Si falsa experimenta, si vitiosae
fuerint rationes, infirma ac debilia futura etiam sunt dictorum nostrorum fun-
damenta
». His ego nihil ultra addendum existimo.
Atque haec illa sunt, quae mihi in hac disputatione, ob meam erga Prae-
ceptorem observantiam, dicenda proposui: quibus ostendi certe conatus sum
primum, iustam a Galilaeo (atque hic princeps fuit scribendi scopus) querelarum
materiam Praeceptori meo, a quo ille perhonorifice semper est habitus, oblatam
fuisse; deinde, licuisse nobis, in edita illa Disputatione, per parallaxis ac motus
cometici observationes eiusdem cometae a Terra distantiam metiri, atque ex tubo
optico, parvum admodum cometae incrementum afferente, aliquid etiam momenti
rebus nostris accedere potuisse; praeterea, non aeque eidem Galilaeo licuisse,
cometam e verorum luminum numero excludere, ac severas adeo motus rectis-
simi leges eidem praescribere; ad haec, constare ex his, aërem ad caeli motum
moveri, atteri, calefieri atque incendi posse, ex motu per attritionem calorem exci-
tari, nulla licet pars attriti corporis deperdatur, aërem illuminari posse, quoties-
cunque crassioribus vaporibus admiscetur, flammas lucidas simul esse atque
perspicuas, quae Galilaeus ita se habere negavit; falsa denique deprehensa expe-
rimenta illa, quibus fere unis eiusdem placita nitebantur. Haec autem innuere
potius quam fusius explicare volui, cum neque plura exigi viderentur, ut pateret
omnibus neque ulli in Disputatione nostra a nobis iniuriam illatam, neque nos
infirmis rationibus ductos eam, quam proposuimus, sententiam caeteris> omnibus praetulisse
.
Qui, com'ella vede, il Sarsi fa due cose: la prima contiene impli-
citamente il giudicio che altri deve fare della debolezza de' fonda-
menti della nostra dottrina, appoggiandosi ella sopra esperienze false
e ragioni manchevoli, com'egli pretende d'aver dimostrato; aggiunge
poi, nel secondo luogo, un catalogo e racconto delle conclusioni con-
tenute nel Discorso del Sig. Mario e da sé impugnate e confutate.
In risposta alla prima parte, io, ad imitazion del Sarsi, liberamente
rimetto il giudicio da farsi circa la saldezza della nostra dottrina in
quelli che attentamente avranno ponderate le ragioni e l'esperienze
dell'una e l'altra parte; sperando che la causa mia sia per esser
favoreggiata non poco dall'aver io di punto in punto essaminato e
risposto ad ogni ragione ed esperienza prodotta dal Sarsi, dov'egli
ha trapassata la maggior parte e la più concludente di quelle del
Sig. Mario. Le quali tutte io avevo fatto pensiero (ed era in con-
tracambio del catalogo del Sarsi) di registrar nominatamente in que-
sto luogo; ma postomi all'impresa, mi è mancato e l'animo e le
forze, vedendo che mi saria stato bisogno trascriver di nuovo poco
meno che l'intero trattato del Sig. Mario. Però, per minor tedio di
V. S. Illustrissima e mio, ho risoluto più tosto di rimetterla ad un'altra
lettura di quello stesso trattato.
Il Fine
 
p. 372