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Galilei, Galileo

Il Saggiatore


impetrato, che il Sig. Guiducci non publicasse il suo Discorso, quando
in esso fusse stato cosa pregiudiciale alla degnità di quel famosissimo
Collegio o d'alcun suo professore; ma quando l'opinioni impugnate
da noi sono state tutte d'altri prima che del matematico professore
del Collegio, non veggo perché il solo avergli Sua Reverenza prestato l'assenso
avesse a metter noi in obligo di dissimulare ed ascondere il vero per
favoreggiare e mantenere vivo uno errore. La nota, dunque, di poco
intendente di logica cade sopra Ticone ed altri che ànno commesso
l'equivoco in quell'argomento; il quale equivoco si è da noi sco-
perto non per notare o biasimare alcuno, ma solo per cavare altrui
d'errore e per manifestare il vero: e tale azzione non so che mai
possa esser ragionevolmente biasimata. Non ha, dunque, il Sarsi causa
di dire che sia appresso di me avvilita la degnità del Collegio Ro-
mano. Ma bene, all'incontro, quando la voce del Sarsi uscisse di quel
Collegio, avrei io occasion di dubitare che la dottrina e la reputa-
zion mia, non solo di presente ma forse in ogni tempo, sia stata in
assai vile stima, poi che in questa Libra niuno de' miei pensieri viene
approvato, né ci si legge altro che contradizzioni accuse e biasimi,
ed oltre a quel ch'è scritto (se si deve prestar credenza al grido)
uno aperto vanto di poter annichilar tutte le cose mie. Ma sì come io
non credo questo, né che alcuno di questi pensieri abbia stanza in
quel Collegio, così mi vo immaginando che il Sarsi abbia dalla sua
filosofia il poter egualmente lodare e biasimare, confermare e ribut-
tar, le medesime dottrine, secondo che la benevolenza o la stizza lo
traporta: e fammi in questo luogo sovvenir d'un lettor di filosofia
a mio tempo nello Studio di Padova, il quale essendo, come talvolta
accade, in collera con un suo concorrente, disse che quando quello non
avesse mutato modi, avria sotto mano mandato a spiar l'opinioni
tenute da lui nelle sue lezzioni, e che in sua vendetta avrebbe sempre
sostenute le contrarie.
6. Or legga V. S. Illustrissima: Sed ne tempus <querelis frustra teramus, principio, illud non video, quam iure
Magistro meo obiiciat ac veluti vitio vertat, quod nimirum in Tychonis
verba iurasse eiusdemque vana machinamenta omni ex parte secutus
videatur. Quanquam enim hoc plane falsum est, cum, praeter argumentandi
modos ac rationes quibus cometae locus inquireretur, nihil aliud in Disputatione
nostra reperiat in quo Tychonem, ut expressa verba testantur, sectatus sit;
interna vero ipsius animi sensa, astrologus licet Lynceus, ne optico quidem
suo telescopio introspexerit; age tamen, detur, Tychoni illum adhaesisse.
Quantum tandem istud est crimen? Quem potius sequeretur? Ptolemaeum?
cuius sectatorum iugulis Mars, propior iam factus, gladio exerto imminet? Co-
pernicum? at qui pius est revocabit omnes ab illo potius, et damnatam nuper
hypothesim damnabit pariter ac reiiciet. Unus igitur ex omnibus Tycho supe-
rerat, quem nobis ignotas inter astrorum vias ducem adscisceremus. Cur igitur
Magistro meo ipse succenseat, qui illum non aspernatur? Frustra hic Senecam
invocat Galilaeus, frustra hic luget nostri temporis calamitatem, quod vera
ac certa mundanarum partium dispositio non teneatur, frustra saeculi huius
deplorat infortunium, si nil habeat quo hanc ipsam aetatem, hoc saltem no-
mine eius suffragio miseram,> fortunet magis
.
Da quanto il Sarsi scrive in questo luogo, mi par di comprendere
ch'ei non abbia con debita attenzione letto non solo il Discorso del
Sig. Mario, ma né anco quello del P. Grassi, poi che e dell'uno e
dell'altro adduce proposizioni che in quelli non si ritrovano. Ben è
vero che per aprirsi la strada a poter riuscire a toccarmi non so


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