BIVIO: Biblioteca Virtuale On-Line
Vergilius Maro, Publius - Aeneis » Galilei, Galileo Il Saggiatore - p. 234

Galilei, Galileo

Il Saggiatore


sate, perché, dette in cotal guisa, non ci ànno lasciato nulla da de-
siderare nella verità del concetto sotto cotali scherzi contenuto, il
quale, per esser per sé noto e manifesto, non avea bisogno d'altra
più profonda dimostrazione. Ma che in una questione massima e dif-
ficilissima, qual è il volermi persuadere trovarsi realmente, e fuor di
burle, in natura un particolare orbe celeste per le comete, mentre
che Ticone non si può sviluppar nell'esplicazion della difformità del
moto apparente di essa cometa, la mente mia debba quietarsi e restar
appagata d'un fioretto poetico, al quale non succede poi frutto ve-
runo, questo è quello che il Sig. Mario rifiuta, e con ragione e con
erità dice che la natura non si diletta di poesie: proposizion veris-
sima, ben che il Sarsi mostri di non la credere, e finga di non co-
noscer o la natura o la poesia, e di non sapere che alla poesia sono
in maniera necessarie le favole e finzioni, che senza quelle non può
essere; le quali bugie son poi tanto abborrite dalla natura, che non
meno impossibil cosa è il ritrovarvene pur una, che il trovar tenebre
nella luce. Ma tempo è ormai che vegniamo a cose di momento maggiore;
però legga V. S. Illustrissima quel che segue.
8. Venio nunc ad graviora<. Tribus potissimum argumentis cometae locum indagan-
dum censuit Magister meus: primum quidem, per parallaxis observationes; deinde,
ex incessu eiusdem ac motu; denique, ex iis quae tubo optico in illo observarentur.
Conatur Galilaeus singulis abrogare fidem, eaque suis momentis privare. Cum enim
ostendissemus, cometam, ex variis diversorum locorum observationibus, parvam
admodum passum esse aspectus diversitatem, ac propterea supra Lunam statuen-
dum, ait ille, argumentum ex parallaxi desumptum nihil habere ponderis, nisi prius
statuatur, sint ne illa quae observantur vera unoque loco consistentia, an vero in
speciem apparentia ac vaga. Recte is quidem; sed non erat his opus. Quid enim,
si statutum iam id haberetur? Certe, cum certamen nobis praesertim esset cum
Peripateticis, quorum sententia quamplurimos etiam nunc sectatores recenset,
frustra ex apparentium numero cometas exclusissemus, cum nullius nostrum ani-
mum pulsaret haec dubitatio. Sane Galilaeus ipse, dum adversus Aristotelem
disputat, non acriori ac validiori utitur argumento, quam ex parallaxi desumpto.
Cur igitur, simili atque eadem prorsus in caussa, nobis eodem> uti libere non liceret?

Per conoscer quanto sia il momento delle cose qui scritte, basterà
restringere in brevità quello che dice il Sig. Mario e questo che gli
viene opposto. Scrisse il Sig. Mario in generale: «Quelli che per via
della paralasse voglion determinar circa 'l luogo della cometa, ànno
bisogno di stabilir prima, lei esser cosa fissa e reale, e non un'appa-
renza vaga, atteso che la ragion della paralasse conclude ben negli
oggetti reali, ma non negli apparenti», com'egli essemplifica in molti
particolari; aggiunge poi, la mancanza di paralasse rendere incom-
patibili le due proposizioni d'Aristotile, che sono, che la cometa
sia un incendio, ch'è cosa tanto reale, e sia in aria molto vicina
alla Terra. Qui si leva su il Sarsi, e dice: «Tutto sta bene, ma è
fuor del caso nostro, perché noi disputiamo contro Aristotile, e vana
sarebbe stata la fatica in provar che la cometa non fusse una appa-
renza, poi che noi convegniamo con lui in tenerla cosa reale, e come
di cosa reale il nostro argomento, preso dalla paralasse, conclude;
anzi (soggiunge egli) l'avversario stesso non si serve d'argomento
più valido contro Aristotile; e se ei se ne serve, perché nell'istessa


pagina successiva »
 
p. 234