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Alexander Aphrodisiensis - Quaestiones » Lando, Ortensio Paradossi - p. 154

Lando, Ortensio

Paradossi, cioè sentenze fuori del comun parere


muora spesse fiate un coltello di buono acciaio e di perfetta tem-
pra, così in un fragil corpo dimuora spesso una mente nobile, un
animo prudente, e un spirito magnifico e generoso, atto con la de-
biltà non solo a tentare, ma a condure anche a fine ogni bella e
onorata impresa. Non veggiamo noi che nelle galere al più forte
tocca maneggiare il remo, e il più debole (che sempre suole essere
il più prudente) ha sol la cura del temone? Non invecchiarno an-
che più tosto le forze di Milone, di Aiace, e di Ercole, che
quelle di Socrate, di Nestore, di Catone, o di Solone? Questo no-
stro corpo del qual noi tanta stima il più delle volte facciamo, al-
tro non è però che la casa dell'animo, la quale, se bene è fragile,
che importa essendo ospite de pochi giorni? Ma miseri noi, che
mai sappiamo ciò che veramente sia da disiderare, biasimamo sem-
pre e si dolemo de' cuorpi mal sani, li quali sono anche (per dir il
tutto) spesse fiate de' robusti più fermi e più durabili. Ho io ve-
duto alcune volte nelle nostre contrade rompere i coperchi delle
torte, e poi ricucirli, acciò che meglio n'evaporasse il cibo che den-
tro vi si ci cuoceva, e duravano assai più che gli intieri e sani, sì che
parevami veramente che da quella rottura acquistassero una certa
eternità. Il simile senza dubbio accade a noi; oltre che i cuorpi sa-
ni e de testura folta puteno più degli altri, con ciò sia che non vi
si esalino le superfluità così agevolmente come si fa in quelli che
di rara sono; e di qui nasce che muoiono anche più sovente di mor-
te subitana. Annovera Plinio nella sua natural istoriainfinite infir-
mità ch'infestare ne sogliono, e noi siamo di sì picciola levatura
che per un duol di capo, o per un termine di febre, si vogliamo in-
contanente sbattezare. Si dolemo alle volte della quartana, della


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