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Galenus, Claudius - De oculis » Lando, Ortensio Paradossi - p. 172

Lando, Ortensio

Paradossi, cioè sentenze fuori del comun parere


sar potete che se la sola memoria ne fa sì certo e util beneficio che
fare debba la istessa morte? Sottogiugnerò volentieri le formate pa-
role della scrittura, acciò che altri non pensi che me le sogni:
Memorare novissima tua, et in aeternum non peccabis. Simil
sentenza lego ancora ne' pagani scrittori, il che ha fatto oggimai
che non ne rimanga più in dubbio, anzi in questo risoluto mi sia,
che chiunque abbia paura della morte (in qual si voglia professio-
ne) non possa mai fare cosa degna d'onore; e per questo fusse da'
filosofi sì diligentemente inculcato nelle nostre orecchie il dispre-
gio di quella, e da' migliori scrittori lodarsi alcune barbare nazio-
ni, le quali alla morte correno con quella prontezza d'animo che si
farebbe a' publichi triunfi, o ad altri giocondissimi spettacoli, e co-
me disse il poeta, alzando il dito, con la morte scherzano. La na-
zione alemana per altro non è già cresciuta in sì gran reputazione,
salvo che per essere della vita prodiga, e della morte avida, né per
altro introdutta fu negli esserciti la musica delle trombe, de' ciuffo-
li, de' tamborri, e della cetra (benché al presente la cetra più non
s'usi) che per fare testimonianza che il gir alla morte sia co-
me gire al fonte e al colmo di tutte le consolazioni. Meglio è adun-
que morire che tanto campare, e più beata diciamo la morte che
ogni cosa adegua e senza alcun deletto avere, sopra d'ognuno ha
suo imperio, che la vita; né senza ragione crediamo che adimanda-
to un filosofo che cosa fusse morte, rispondesse esser un dolce son-
no eterno e un caso inevitabile, al quale né con lagrime, né con
preghiere, né con sospiri si poteva in alcun modo riparare.
Il fine del primo libro


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