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Alexander Aphrodisiensis - In De sensibus » Lando, Ortensio Paradossi - p. 94

Lando, Ortensio

Paradossi, cioè sentenze fuori del comun parere


gersi col toro, e altri infiniti inconvenienti causò l'amore, per ca-
gione del quale desideriamo noi danari, stolti, stolti che siamo!
Non sono neanche da cercare le richezze per possedere delettevo-
li giardini da chiarissime fontane e giocondissimi alberi circundati,
perciò che tai luoghi ci fanno spesso marcire nell'ozio e nelle lasci-
vie, tirandoci al peccare per segretissime vie, e che ciò sia vero ve-
gasi che quando M. Tullio volle discrivere le spurcizie e libidino-
si fatti di G. Verre, dipinse primieramente tutte le amenità de' luo-
ghi ove solito era di conversare quasi che elle fussero state ministre
de' suoi falli. Le richezze furono sempre giudicate di sì mala qua-
lità che altri spine, e altri fiamme le dissero e sempre fecero
gli uomini insolenti, arroganti, bizarri, avari, dispettosi, bestiali, ne-
gligenti, disdegnosi, folli, ritrosi, lascivi e odiosi, né alcuno ritro-
vossi mai che dubitasse ch'elle non fussero perpetuo alimento di
pessime operagioni. G. Plinio nella sua naturale istoria scrisse es-
sere noi e oppressi, e fin nel profundo tratti da' tesori che la na-
tura per nostro benefizio ci nascose. Zenone afferma che più to-
sto nuocano che giovino. Né lasciarò di dire che andando Crates
tebano in Atene per dare opera alla filosofia, gittasse nel mare
quanto avea d'oro e d'argento, pensando non potere e la virtù e le
richezze insieme possedere. Il medesimo affermorno Bione, Pla-
tone e altri savi filosofi. Ma a che più cittare bisogna testimoni,
quando la santissima bocca di Giesù disse che più agevolmente en-
trerebbe nella cruna d'un'accora una fune di nave che il ricco ne'


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