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Aristoteles - Physica » Lando, Ortensio Paradossi - p. 254

Lando, Ortensio

Paradossi, cioè sentenze fuori del comun parere


credibile! Qual Fallari, o qual Dionisio avrebbe osato di por tal
legge a' suoi vasalli? Troppo gran vanità nel vero è la nostra, le-
gandoci da noi stessi. Quelli erano astretti dalla potenza e autorità
del maestro ch'ebbe un ingegno tirannico, noi spontaneamente,
come se l'intelletto nostro del tutto ocioso fusse, abbiamo messo il
collo sotto il giogo ponendo in catedra questo animalaccio di Ari-
stotele, dalle sue diterminazioni come da un oracolo dependendo,
né accorgendoci ch'egli sia un buffalaccio, ignorantone, al tutto in-
degno di tanta riverenza e di tanto rispetto quanto gli è stato da'
sciocchi avuto. Non mi pò per ancora in alcun modo cessare la ma-
raviglia di chi dotto l'ha repputato, essendo gli errori suoi e tanti
e sì manifesti. Sforzerommi di narrarne alcuni e de' più leggieri che
vi sieno, che se raccontar volessi quanti ve ne sono credo che
assai più agevole mi fora l'annoverar le stelle del cielo. Ditemi un
poco saggi aristotelici, tu in prima Averrois che gli facesti il gran
commento, e diceste che nell'opere di questo tuo novello Iddio
non si era mai ritrovato errore alcuno: non errò egli bruttamente
dicendo che lo seme dava solamente lo principio motivo al sangue
mestruale, sì che egli avesse ragion sol di opifice e non che di quel-
lo si componesse l'animale? Dimmi, bugiardo Averroè: non errò
egli rendendo la ragione della similitudine c'hanno i figliuoli verso
le madri? non ha egli similmente errato sì pertinacemente affer-
mando che li testicoli inutili fussero alla generazione del seme?


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