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Petrarca, Francesco - Triumphi » Ripa, Cesare Iconologia - p. 528

Ripa, Cesare

Iconologia overo Descrittione d'Imagini delle Virtù, Vitii, Affetti, Passioni humane, Corpi celesti, Mondo e sue parti [1611]


Deh perché l'arme mie poste ho in oblio
E 'l mio poter, che ogni potenza sforza,
Perché vo' usar contra il costume mio
Lusinghe et prieghi in vece della forza;
Io son pur quel temuto in terra Dio,
Che soglio al mondo far di giel la scorza
Che quando per lo ciel batto le piume
Cangio la pioggia in neve e'n ghiaccio il fiume
Tutto all'immensa terra imbianco il seno
Quando in giù verso il mio gelido lembo,
E come alla mia rabbia allento il freno
Apro il mar sino al suo più cupo grembo,
E per rendere al mondo il ciel sereno
Scaccio dall'aere ogni vapore e nembo,
E quando in giostra incontro e che percuoto
Vinco et abbatto il nero horrido Noto.
Quando l'orgoglio mio per l'aria irato
Scaccia i nembi vers'Austro e soffia e freme,
E 'l forte mio fratel dall'altro lato
Altre nubi ver me ributta e preme,
E che quello e quel nuvolo è sforzato
Nel mezzo del camin d'urtarsi insieme,
Io pur quel son, che con horribil suono
Fa uscir il fuoco, la saetta e 'l tuono.
Non solo il soffio mio gl'arbori atterra,
Ma sia palazzo pur fondato e forte,
E se tal'hor m'ascondo e sto sotterra,
Nel tetro carcer delle genti morte,
Fo d'intorno tremar tutta la terra,
Se io trovo all'uscir mio chiuse le porte,
E fin che io non esalo all'aria il vento
Di tremor empio il mondo e di spavento.


Austro.
Come descritto da Ovidio nel primo lib. delle Metamorf.


Con l'ali humide su per l'aria poggia
Gl'ingombra il volto molle oscuro nembo
Dal dorso horrido suo scende tal pioggia
Che par che tutto il mare tenga nel grembo.
Piovon spesse acque in spaventosa foggia
La barba, il crine e il suo piumoso lembo.
Le nebbie ha in fronte, i nuvoli alle bande
Ovunque l'ale tenebrose spande.

Per quanto riferisce il Boccaccio nel lib. 4. della Geneologia delli Dei,
dice che questo vento è naturalmente freddo et secco, nondimeno, mentre
venendo a noi passa per la zona torrida, piglia calore et dalla quantità
dell'acque che consiste nel mezzo giorno riceve l'humidità et così cangia-
ta natura, perviene a noi calido et humido et con il suo calore apre la ter-
ra et per lo più è avezzo a moltiplicar l'humor et indurre nube et pioggie;
et Ovidio descrivendoli tutti quattro nel 1. lib. Tristium Eleg. 2. così dice:
Nam modo purpureo vires capit Eurus ab ortu.
Nunc Zephyrus sero vespere missus adest:
Nunc gelidus sicca Boreas baccatur ab arcto
Nunc Notus adversa praelia fronte gerit.


Aura.

Una fanciulla con i capelli biondi sparsi al vento, con bella accon-
ciatura di varii fiori in capo.
Il viso sarà alquanto grasso, cioè con le gote gonfie simili a quelle de i
Venti, ma che sieno tali che non desdicano a gl'homeri, porterà l'ali, le qua-
li saranno di più colori, ma per lo più del colore dell'aria, et spargerà con
ambe le mani diversi fiori.
Aure sono tre, la prima è all'apparire del giorno, la seconda a mezo
giorno et la terza verso al sera.
Furno pinte dalli Poeti fanciulle, piacevoli, seminatrici de' fiori, con l'oc-
casione de' quei venticioli, che al tempo della primavera vanno dolcemen-
te spargendo gli odori de' fiori, come dice il Petrarca in una sestina dove dice:


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