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Pietro d'Abano - In Problemata » Ripa, Cesare Iconologia - p. 261

Ripa, Cesare

Iconologia overo Descrittione d'Imagini delle Virtù, Vitii, Affetti, Passioni humane, Corpi celesti, Mondo e sue parti [1611]


Intrepidità è l'eccesso della Fortezza, opposto alla viltà e codardia, et
allora si dice un huomo intrepido, quando per fine conforme alla dritta ra-
gione non teme quello che da animi ancor sicuri si suol temere.
Sono le braccia ignude per mostrare la confidenza del proprio valore e
combatte col toro, il quale essendo molestato diviene ferocissimo et ha bi-
sogno per resistere solo delle prove d'una disperata fortezza.

Inventione.
Come rappresentata in Firenze dal Gran Duca Ferdinando.


Una bella donna, che tiene in capo un par d'ale, come quelle di Mer-
curio et un'orsa a' piedi e lecca un orsachino, che mostra che di po-
co sia stato da dett'orsa partorito, e leccando mostra ridurlo a perfettio-
ne della sua forma.

Invidia.

Donna vecchia, magra, brutta, di color livido, havrà la mamella sini-
stra nuda e morsicata da un serpe, il qual sia ravvolto in molti giri so-
pra di detta mamella et a canto vi sarà un'Hidra, sopra della quale
terrà appoggiata la mano.
Invidia non è altro che allegrarsi del male altrui et attristarsi del be-
ne con un tormento che strugge e divora l'huomo in se stesso.
L'esser magra e di color livido dimostra che il livore nasce commu-
nemente da freddo e l'Invidia è fredda et ha spento in sè ogni fuoco et ar-
dore di charità.
Il serpe che morsica la sinistra mamella nota il ramarico c'ha sempre
al core l'invidioso del bene altrui, come disse Horatio nell'Epistole:
Invidus alterius macrescit rebus opimis.
Gli si dipinge appresso l'Hidra, percioché il suo puzolente fiato et il ve-
leno infetta et uccide più d'ogn'altro velenoso animale, così l'invidia al-
tro non procaccia se non la ruina de gl'altrui beni, sì de l'anima, come del
corpo, et essendo (come dicono i Poeti) mozzo un capo a l'Idra più ne ri-
nascono, così l'Invidia quanto più l'huomo, con la forza della virtù cer-
ca di estinguerla, tanto più cresce contro di essa virtù. Però ben disse il
Petrarca in un Sonetto:
O invidia nemica di virtute
Ch'a bei principii volentier contrasti.

Et Ovidio nel lib. 2. delle Metamorfosi:
E tutto fele amaro il core e' l petto,
La lingua è infusa d'un venen ch'uccide
Ciò che gli esce di bocca è tutto infetto,
Avenena col fiato e mai non ride
Se non tal'hor che prende in gran diletto
S'un per troppo dolor languisce e stride,
L'occhio non dorme mai, ma sempre geme
Tanto il gioir altrui l'affligge e preme.
All'hor si strugge, si consuma e pena
Che felice qualch'un viver comprende
E questo è il suo supplicio e la sua pena
Che se non noce a lui, se stesso offende
Sempre cerca por mal, sempre avenena
Qualch'emul suo finché infelice il rende
Tiene per non veder la fronte bassa
Minerva e tosto la risolve e lassa.


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