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Telesio, Bernardino - De rerum natura » Ficino, Marsilio Epistolarum Liber I - p. 105 » Aphorismi » Guiducci, Mario Mario Guiducci a Tarquinio Galluzzi - p. 188

Guiducci, Mario

Lettera di Mario Guiducci al P. Tarquinio Galluzzi (20 giugno 1620)


Le grandi virtudi generano di grand'emuli, i quali agevolmente si persuadono che
i possessori di quelle attribuiscano assai, e talora più del convenevole, a lor me-
desimi. Ma per avventura non mancherà né al Matematico né al Collegio ma-
niera di sgannare che di loro avesse così falsa credenza. A me tocca la parte
mia, che son le scortesie e le mordacità onde è piena e traboccante la Libra.
Queste son di dua sorte: una consiste in attribuir ad altri la mia scrittura;
l'altra, in attribuir ad essa scrittura quel che ella non dice.
Alla prima credo fermamente essersi mosso il Sarsi per non lasciar andar
male quel vago e arguto scherzo del Consolo e del Dittatore. Dice dunque, che
avendo il Sig. Galilei molto apertamente scritto a' suoi amici, ed io molto inge-
nuamente confessatolo, che quel Discorso delle Comete è suo, non mi debbe pa-
rer grave ch'ei la voglia più tosto col Dittatore che col Consolo. Io potrei, in
quest'ambiguo, chiaramente dare a divedere la poca erudizion del Sarsi, e la
sua poca notizia delle storie romane, poiché, non essendo que' dua maestrati com-
patibili, non si dava mai il caso nel quale un nimico del popol romano potesse
lasciare il Consolo per combatter il Dittatore. Ma io non voglio entrar in ciò,
bastandomi solo, per mio scarico, manifestar quanto sien vere quelle parole con
le quali, dalla mia sincerità di non mi voler avanzar con l'altrui invenzioni, ha
la fine e simulata semplicità del Sarsi tratto l'occasione di motteggiarmi.
Noti per grazia V. P. la cortese credulità di codestui, e quanto s'allarghi a
creder più di quel che io ho scritto. Nel proemio del mio Discorso io dico che
«proporrò a gli Accademici Fiorentini quel che in somiglianti accidenti di comete
hanno profferito gli antichi filosofi e moderni astronomi, e le loro opinioni esami-
nerò diligentemente, onde essi potranno vedere se sen'appaghino. Appresso por-
terò quanto io, non affirmativamente, ma solo probabilmente e dubitativamente,
stimo potersi dire in materia così oscura e dubbia: dove proporrò quelle conghiet-
ture che nell'animo del nostro Accademico Galilei hanno trovato luogo
». Sin qui io
non favello di copiare, ma sì bene di referir l'opinioni degli antichi e de' mo-
derni, e tra queste quella del Sig. Galilei, alla quale io più ch'all'altre incli-
nava. Quel che segue, dov'è la parola copiatore, avendo relazione e corrispon-
denza ad alcuni che hanno tentato di far proprie le 'nvenzioni del Galileo e
intitolarsi Apelli, si scorge chiaro esser preso metaforicamente dalla pittura e dal
colorire gli altrui disegni, i quali, quando son d'eccellenti maestri, hanno que-
sto privilegio, che i più segnalati e valenti professori di quella nobilissim'arte
si recano a singolar gloria di colorire e ritrarre; come spezialmente avvenne
dell'opere di quel cui dice il Poeta,
(...) ch'a par sculpe e colora,
Michel più che mortal Angel divino
,
i cui disegni e cartoni non isdegnò il famoso Iacopo da Puntorme di colorire e
metter in opera. Né solo il colorire i disegni d'altri è stato talora a' pittori


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