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Augustinus, Aurelius - De Trinitate » Bernardus Claraevallensis - De consideratione ad Eugenium III » Guiducci, Mario Mario Guiducci a Tarquinio Galluzzi - p. 195

Guiducci, Mario

Lettera di Mario Guiducci al P. Tarquinio Galluzzi (20 giugno 1620)


più valore, da' cui scritti, che ben presto verranno in luce, a sue spese s'accor-
gerà il Sarsi, che differenzia sia dal mio allo stile del Sig. Galileo.
Tra l'altre cose che io dissi intorno a quel terzo prelibato argomento del
P. Grassi, una fu, che il telescopio diviene strumento diverso allungandosi e scor-
tandosi. Qui audacemente esclama il Sarsi che io voglio troppo sottilizzarla, e
con dua istanze tenta d'abbatter la mia proposta, dicendo che in questa maniera
si diversificherebbe anche nell'uomo l'organo a formar la voce alta e bassa, e
nell'istesso modo il sonator di trombone adoprerrebbe vario strumento secondo
che l'allungasse o lo rimettesse. Ma, Sig. Sarsi, queste vostre instanze non cal-
zan a questo proposito. Imperocché l'occhiale in rimirare un oggetto s'adopra
fermo e sempre a una guisa, né si ripone o s'allunga come il trombone, che
s'adopra in quel modo; né anche è simile alla canna della gola, la quale con-
tinuamente si varia ad articolar la voce e formarla alta o sommessa: anzi non
solamente a riguardare un oggetto non s'allunga o si scorta il cannon dell'oc-
chiale, ma né anche per vederne diversi e in diverse distanze, adoprandosi egli,
come più a lungo dissi nel mio Discorso, nel medesimo modo appunto per rimi-
rar un oggetto posto in lontananza d'un miglio, che gli oggetti lontanissimi, come
le stelle fisse. Nulle dunque son le istanze che mi fate; né altri che chi si rego-
lasse col peso e con la stadera, negherebbe che l'occhiale molto lungo fosse dif-
ferente strumento dal raccorciato.
Sento qui uno da canto che dice, la Libra non esser scritta per uomini da
aver tante considerazioni; e certamente egli dice il vero. Perché altrimenti con
che giudizio avrebbe quell'autore impreso a difendere 'l Grassi dall'opposizioni
che io fo solo contro a un suo argomento, se egli medesimo confessa che quel
terzo argomento, cagion di tutta questa disputa, è di niun valore? E con che
faccia direbb'egli, anche il suo Maestro averlo stimato inefficace, s'è' non avesse
fidanza nella semplicità de' lettori? Le parole del Problema, se io mal non mi
ricordo, son queste: «Ex demonstrationibus opticis necesse est huic argumento maxi-
mam inesse vim ad id quod volumus probandum
». Se al Sarsi dà l'animo di provar
che quelle parole significhin poca stima di quell'argomento, io mi lascerò anche
persuadere quel ch'e' soggiugne, cioè che il P. Grassi abbia registrato quell'ar-
gomento con quella giunta, che chi non l'apprezza sia ignorante di prospettiva,
per gratificar al Sig. Galileo, il che sin a ora mi pare una carità pelosa. Ma
come non s'avvede il Sarsi della conclusione che s'inferisce da una proposizion del
Maestro e da questa sua? Pronunzia il P. Grassi: «Quelli che non apprezzan que-
st'argomento, son poco intendenti di prospettiva
». Soggiugne il Sarsi: «Il P. Grassi
non pregia quest'argomento
». La conclusione la faccia il lettore. Ma non più di
questo.
Voglio per ultimo referire un argomento del Sarsi, il quale, per l'immensa
autorità onde è preso, par a prima vista insolubile, e, in vece di rispondergli,


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