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Orpheus - Argonautica » Della Casa, Giovanni Orazione a Carlo V - p. 479

Della Casa, Giovanni

Orazione scritta a Carlo V Imperatore intorno alla restituzione della città di Piacenza


tura fosse retta e regolata con gli altrui essempi e non con la sua
natural virtù, io produrrei molte istorie, per le quali chiaramente
apparirebbe la ragione e l'onestà in ogni tempo essere state più del
guadagno e più dell'utile apprezzate e riverite. E direi che gli Ate-
niesi, per lo cui studio la virtù stessa si dice essere divenuta più
leggiadra e più vaga e più perfetta, per niuna condizione si volsero
attenere al consiglio di Temistocle, perciocché egli non si poteva
onestamente usare, tutto che fosse senza alcun fallo utilissimo; e
che il vostro antico Romano rifiutò di prendere i nobili fanciulli
che il loro scelerato maestro gli appresentava, quantunque egli non
parentado né amistà, ma scoperta guerra avesse e palese inimicizia
con esso loro. E non tacerei che la cupidigia consigliava parimente
i Romani che ritenessero Reggio, terra possente in quel tempo
e situata così di costa alla Sicilia, come Piacenza a Cremona ed a
Melano è di rimpetto: ma l'onestà e la ragion vera e legitima richie-
deva che essi la restituissero, perocché per furto e per rapina la
possedevano. Per la qual cosa quel valoroso e diritto popolo, il
quale Vostra Maestà rappresenta ora e dal quale lo 'mperio del
mondo ancora ha suo nome, come che naturalmente fosse feroce
e guerrero
non solamente non accettò la male acquistata possession
di Reggio, ma con aspra vendetta e memorabile punì que' suoi sol-
dati che l'aveano occupata a forza, non guardando che quell'utile,
che oggi si chiama ragion di Stato, consigliasse altramente. Ma,
perocché io sono certissimo che il buon volere di Vostra Maestà non
ha bisogno di stimolo alcuno, non è necessario che io dica più
avanti de' giusti fatti degli antichi uomini; chè molti e molto chiari
ne potrei raccontare. Invano adunque si affaticano coloro che


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