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Plato - Timaeus » Della Casa, Giovanni Orazione a Carlo V - p. 485

Della Casa, Giovanni

Orazione scritta a Carlo V Imperatore intorno alla restituzione della città di Piacenza


alti gradi coloro che possono sofferir di vivere a Dio in ira ed alla
loro specie medesima in odio ed in abominazione.
Dal pensiero de' quali se io non fossi più che certo Vostra Maestà
esser molto lontana, anzi molto contraria e del tutto inimica, poco
senno mostrerei di avere sotto queste già bianche e canute chiome,
essendo io tanto oltre scorso con le parole: perocché io, pregare e
supplicare volendovi, verrei col mio ragionamento ad avervi of-
feso e turbato: il che né a me si conviene di fare in alcun tempo,
né la presente mia intenzione sostiene che io il faccia in alcun
modo. Qual cagione adunque mi ha mosso a fare menzione nelle
mie parole della miseria degl'iniqui e rapaci prencipi? Niuna,
sacra Maestà, se non questa: a ciò che, ponendo io dinanzi agli
occhi vostri le altrui brutture, voi meglio e più chiaramente cono-
sciate la vostra bellezza e la vostra bontà, e, di lei e di voi mede-
simo rallegrandovi, e felice e fortunato tenendovi, procuriate di
così mondo e di così splendido conservarvi; e vi rivolgiate per
l'animo che, quantunque le vostre vittorie ed i vostri felici avveni-
menti siano stati molti e molto maravigliosi in ogni tempo, non di
meno più beata e più fortunata si conobbe essere Vostra Maestà in
una sola avversità che ella ebbe in Algeri che ella non si era
dimostrata in tutte le sue maggiori e più chiare felicità trapassate.
Perocché chi fu in quel tempo che del vostro fortunoso caso amara-
mente non si dolesse? o chi della vostra vita, come di molto amata
e molto apprezzata cosa, non istette pensoso e sollecito? o chi non
porse a Dio con pietoso cuore ardentissimi prieghi per la vostra
salute? Certo nessuno che animo e costume umano avesse. Che
parlo io degli uomini? Questa terra, sacra Maestà, e questi liti pa-
rea che avessino vaghezza e disiderio di farvisi allo 'ncontro, ed il
vostro travagliato e combattuto naviglio soccorrere, e ne' lor seni
e ne' lor porti abbracciarlo. Né i vostri nimici medesimi erano


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