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Tommaso d'Aquino - In primum Sententiarum Petri Lombardi » Bruno, Giordano De l'infinito - p. 451

Bruno, Giordano

De l'infinito, universo e mondi

esse alios alibi congressus materiei:
qualis hic est avido complexu quem tenet aether.

— Mormora contro il nono argumento, che suppone e
non prova che alla potenza infinita attiva non risponda
infinita potenza passiva, e non possa esser soggetto infi-
nita materia, e farsi campo spacio infinito: e per con-
sequenza non possa proporzionarsi l'atto e l'azzione a
l'agente; e l'agente possa comunicar tutto l'atto, senza
che esser possa tutto l'atto comunicato (che non può
imaginarsi più aperta contradizzione di questa). È dum-
que assai ben detto:
Praeterea cum materies est multa parata,
cum locus est praesto, nec res nec causa moratur
ulla, geri debent nimirum et confieri res.
Nunc ex seminibus si tanta est copia, quantam
enumerare aetas animantum non queat omnis:
visque eadem et natura manet, quae semina rerum
coniicere in loca quaeque queat, simili ratione
atque huc sunt coniecta: necesse'st confiteare
esse alios aliis terrarum in partibus orbes,
et varias hominum genteis, et secla ferarum.

— Diciamo al altro argumento che non bisogna questo
buono, civile e tal conmercio de diversi mondi, più che
tutti gli uomini sieno un uomo, tutti gli animali sieno un
animale. Lascio che per esperienza veggiamo essere per
il meglio de gli animanti di questo mondo, che la natura
per mari e monti abbia distinte le generazioni; a le quali
essendo per umano artificio accaduto il commercio, non
gli è per tanto aggionta cosa di buono più tosto che tol-
ta: atteso che per la communicazione più tosto si radop-
piano gli vizii, che prender possano aumento le virtu-
di. Però ben si lamenta il Tragico:
Bene dissepti faedera mundi
traxit in unum Thessala pinus,
iussitque pati verbera pontum,


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